Come già anticipato con un post il primo dicembre 2021, da oggi per tutto il 2022, ogni 5 del mese, tratterò di sindromi rare come tema per la rubrica E.I.T.R.D.2 (Everyday Is The Right Day) ossia per parlare di patologie di cui nessuno o quasi nessuno parla e sulle quali io, con questo percorso per nulla esaustivo, cercherò nel mio piccolo di porre una piccola luce, un occhio di bue, per dare rilevanza a tale tema.
Oggi parleremo di cosa significa essere un malato "Orfano di diagnosi". Ho detto parleremo ma in realtà ho usato ingiustamente il plurale, perché sarà una scrittrice che vive questa sofferenza in prima persona a parlarvi con un articolo che vi invito a leggere fino in fondo perchè vi giuro che merita assolutamente. Lei è Romina Tamerici che ringrazio per aver accettato il mio invito a parlare di questo tema che lei vive anche sulla sua pelle da ben 15 anni. Grazie Romina, è un onore immenso poterti concedere questo spazio.
Daniele il Rockpoeta®
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ESSERE UN MALATO ORFANO DI DIAGNOSI
Quando la diagnosi non arriva
Quando una persona si ammala, in genere, il suo primo pensiero è cercare di dare un nome e una spiegazione ai sintomi che manifesta.
Molti non possono resistere alla tentazione di “capirci subito qualcosa” e quindi cercano su Google (cosa che in genere si traduce solo in inutili allarmismi), ma poi, per fortuna, in genere si passa al medico di base e poi eventualmente a specialisti ed esami.
Il punto cardine è sempre uno: capire cosa si ha per potersi curare. A volte è qualcosa di semplice e facilmente risolvibile, a volte qualcosa con cui poi si deve convivere a vita oppure che la vita può persino interromperla. In linea di massima, però, uno dei primi passi da fare è sempre quello di identificare il problema per capire come affrontarlo e, si spera, risolverlo.
Purtroppo non sempre questo processo va esattamente come vorremmo e la diagnosi, che dovrebbe essere la nostra bussola nel nostro percorso di malattia, non c’è e ci lascia senza una direzione chiara da seguire.
La catena logica “sintomo-medico-diagnosi-cure-miglioramenti-guarigione” (che in quasi tutte le malattie è il filo conduttore, tranne in quelle in cui miglioramenti e guarigione non sono possibili) si spezza ancora prima di cominciare.
Anche se molte persone possono capire che di una malattia si può morire (avendo magari purtroppo anche in mente casi di tumori o altre malattie orribili e gravissime), quasi nessuno pensa che si possa star male senza nemmeno riuscire a dare un nome a ciò che si ha e quindi senza poter nemmeno tentare terapie e approcci corretti per affrontare il problema. Bloccati per mesi, anni, decenni… una vita intera, in un limbo senza risposte.
È un’immensa area grigia quella di chi soffre di patologie che non hanno diagnosi, noti anche come “orfani di diagnosi”. Spesso non trovano la loro diagnosi perché affetti da malattie rare, che quindi vengono scoperte solo dopo moltissimi anni di peregrinazioni di ospedale in ospedale, di specialista in specialista, di sospetto in sospetto. Altrettanto spesso restano senza diagnosi e basta, perché affetti da patologie troppo rare o perché mai finiti in mani giuste. Gli orfani di diagnosi sono un fenomeno silenzioso, spesso ignoto ai più, spesso poco considerato, proprio perché distante dalla vita della maggioranza della popolazione.
Oggi sono stata invitata qui per parlarvi delle malattie orfane di diagnosi o, meglio, di cosa significa essere un malato orfano di diagnosi. Non sono un medico, ma ho comunque 15 anni di esperienza sul campo e quindi spero di potervi almeno far intuire cosa è la vita con una malattia orfana di diagnosi.
Io ho iniziato ad avere sintomi nel 2006; non avevo ancora compiuto 15 anni e ora ne ho 30. Metà della mia vita è stata una ricerca, un tentativo di dare una spiegazione a una variegata costellazione di sintomi che continuano a peggiorare e mi avvelenano la vita. Non conduco l’esistenza che immaginavo da ragazzina, non ho potuto portare avanti i sogni che avevo, perché, continuando a peggiorare, progressivamente ho dovuto ridimensionare i miei sogni, adattarli come creta alle mie nuove condizioni di vita. Come un serpente, ho capito come cambiare pelle, reagire ed essere resiliente (anche se la pelle nuova è molto delicata all’inizio e sono più fragile e indifesa). Ho imparato a lasciare la me che ero per aiutare a far sopravvivere la me che pian piano stavo e sto diventando. Avere una malattia cronica è un po’ come avere le ali più piccole di quanto vorremmo e doverci fare i conti ogni giorno, quando tentiamo di spiccare il volo verso i nostri obiettivi.
Per i primi anni, ero assolutamente convinta che avrei trovato una diagnosi e mi sarei potuta curare, per questo andavo avanti ostinatamente con i miei progetti, pur faticando molto di più dei miei pari, perché tutto era orientato e rivolto al “quando sarò guarita”. Ci ho messo davvero tanti anni a capire che probabilmente non succederà mai e che dovevo abbandonare la vecchia me e i miei vecchi sogni, se volevo costruirne di nuovi e a mia misura, se non volevo vivere nella frustrazione di sentirmi continuamente incapace di ottenere ciò che volevo. Ora ho una serenità e una pace dentro che anni fa sarebbe stata davvero impensabile, quando volevo far finta di non essere malata, quando mi ostinavo a pretendere da me molto più di quanto sarebbe stato lecito chiedermi anche da sana.
Dopo i primi circa 7 anni di dolore e sofferenza continua, è arrivata la prima “diagnosi” di “sospetta fibromialgia”. La fibromialgia non è un patologia ma una sindrome (cioè un’etichetta che racchiude un insieme di sintomi). Al momento mi era sembrato di aver finito il mio viaggio, di aver dato un nome a tutto il mio dolore ma… era solo la punta dell’iceberg, una minuscola punta che però decretava che non sarei mai potuta guarire, che ci avrei dovuto convivere. Lì il mio obiettivo di guarire e riprendere la strada che volevo è stato calpestato, travolto da un’ondata di realtà, ma non mi sono arresa. Anzi, pensavo che sapere contro cosa stavo combattendo mi avrebbe dato finalmente una direzione. Così non è stato.
Ho continuato la ricerca della mia diagnosi e ancora non si è conclusa. Al momento è certo solo che ho questa sindrome dolorosa diffusa e una costellazione variegata di sintomi che riguardano un po’ tutto il corpo (articolazioni, polmoni, cuori, intestino, stomaco, pelle, occhi…). Ogni tanto un nuovo sintomo fa capolino, ogni tanto qualche vecchia conoscenza peggiora e ancora nessuno è riuscito a mettere insieme i pezzi del mio puzzle. Si è scoperto solo che ho un’asma grave (che non è una forma grave di asma ma una malattia a sé) eppure, nonostante questo, nemmeno i problemi respiratori sono tutti etichettati e trattati adeguatamente (aggiungiamoci che sono farmacoresistente e ho effetti collaterali sempre spropositati). Si sono scoperte anomalie qua e là nelle decine e decine di esami (un po’ di reflusso, tachicardia cronica, dermatiti, iperlassità legamentosa…), ma niente che possa dare un nome e una spiegazione al quadro generale o che possa giustificare la gravità dei miei sintomi.
Il 2021 è stato un anno strano. È iniziato con l’attesa di una biopsia e poi del relativo referto che sembrava dover spiegare ogni cosa e darmi finalmente una diagnosi. La sospetta diagnosi era così calzante con la mia situazione che il neurologo che mi seguiva non aveva alcun dubbio: la biopsia serviva solo a conferma. Peccato che poi sia risultata negativa, ributtandomi nel girone degli orfani di diagnosi. Anche il medico si è visto crollare le certezze e mi ha detto che a quel punto poteva solo consigliarmi di cercare una terapia del dolore e tirare avanti perché difficilmente avrei trovato una risposta.
Ero al buio, come se non ci fossero più strade da tentare, dopo 14 anni a combattere contro medici per i quali era più semplice dire che ero “pazza”, “esaurita”, “depressa”, “troppo emotiva” che ascoltarmi, in quel momento mi sembrava di non avere più voce, prospettiva o speranza. Dovevo solo “accontentarmi e tirare avanti” come sostenevano? Non era tollerabile per me come prospettiva, io avevo bisogno di capire cosa mi stava succedendo e non ero disposta a starmene semplicemente in silenzio, solo per non dare fastidio a medici che prima promettevano speranze, diagnosi e cure e poi al minimo intoppo erano pronti a dire che la colpa era mia, che inventavo tutto ed esageravo.
Io sono una persona luminosa e in quel buio non ci volevo stare, per fortuna avevo ancora una carta da giocarmi: una compagna di sventura (anche lei orfana di diagnosi), poi diventata amica, mi ha parlato di un ambulatorio in cui un caso come il mio poteva trovare ascolto e voce. È così che ho conosciuto l’Ambulatorio Malati Orfani di Diagnosi del San Martino di Genova e due medici straordinari, il dottor Cocchiara e il dottor Fancellu, che mi stanno seguendo da aprile con una dedizione, un rispetto e una cura che va oltre ogni mia aspettativa. Ancora non ho le mie risposte, ma, da quando li ho conosciuti, non sono più stata abbandonata: loro seguono e coordinano ogni mio esame e ogni mia visita, raccolgono tutti i referti; sono il faro e l’indirizzo, sono la mia bussola, anche se la diagnosi ancora non ce l’ho (ma gli esami e gli accertamenti proseguono).
E se vi state chiedendo perché fare nomi e cognomi, se vi sembra una pubblicità… no, non lo è, ma sono straordinari e non lo faccio per far contenti loro (che tra l’altro penso non leggeranno mai queste mie parole). Lo faccio perché magari a leggere questo post c’è qualcuno che cerca risposte da una vita, che il sistema sanitario tratta come “un inutile spreco di risorse” (come sono stata definita io una volta da un medico) e che potrebbe ritrovare speranza sapendo che c’è almeno un posto pronto ad accoglierlo, che c’è almeno qualcuno disposto ad ascoltarlo. Un grande grazie va a Deborah Capanna, la fondatrice di questo Ambulatorio, anche lei affetta da molte gravi patologie, non tutte diagnosticate. Dobbiamo a lei se oggi io e tanti altri possiamo definirci “orfani di diagnosi” invece che essere trattati come “malati immaginari” o peggio.
Quindi, sì, mi sono permessa di fare dei nomi, anche a costo di trasformare questo post sull’essere malati orfani di diagnosi in qualcosa di diverso da quello che doveva essere originariamente, perché ho il dovere civico e morale di gettare una corda a chi si trova disperso nell’oceano del dolore senza risposte. Questa corda è stata lanciata a me quando non avevo altri appigli e ora voglio rilanciarla anche io, ma non mi dilungo, trovate tutte le informazioni andando sul sito "Comitato i malati invisibili onlus"
Ora cerco di riprendere il filo del discorso, lo prometto, per tutti quelli che invece sono qui a cercare di capire cosa significa essere un malato orfano di diagnosi e si aspettano che sia io a spiegarlo…
Be’, non è facile, senza dubbio, come si può cercare di far comprendere cosa significa soffrire ogni singolo giorno senza sapere nemmeno cosa ci sta causando tutta quella sofferenza? Senza sapere come sarà il futuro? Sono sincera, è difficile spiegarlo, perché senza averlo vissuto è una cosa completamente distante dalla realtà quotidiana di moltissime persone (per loro fortuna). Se devo essere del tutto onesta, io non riesco a ricordare come era non essere malata, non provare dolore. Non lo dico per cercare compassione, ma proprio per far capire che cercare di spiegare una vita di dolore è difficile come cercare di spiegarne una senza. A volte mi sorprendo a pensare: “Ma come fa quella persona a stare lì in piedi, senza appoggiarsi, ma non è stanca?” oppure “Ma oggi ha fatto la spesa, davvero poi riesce ad andare anche da un’altra parte?”. Poi d’improvviso mi ricordo che non è assurdo per una persona sana, che non sono dei super eroi, semplicemente sono alleggeriti dal fardello del dolore cronico, che io non posso posare nemmeno per cinque minuti. Però, spesso, ecco che me ne dimentico, e guardo gli altri come se fossero me e mi stupisco, mi stupisco di quanto tutto appaia semplice, naturale. Ecco, essere malati cronici è così: dimenticare come era la vita prima, essere così abituati a soffrire da non riuscire nemmeno a ricordare che per tanti il dolore è qualcosa di saltuario, spesso da mettere a tacere in pochi minuti con un analgesico da banco.
Vivere con il dolore ti cambia, per sempre. Non ti rende migliore, come vogliono farvi credere nei film, anzi, spesso cerca di distruggere tutto ciò che di bello si era o si poteva diventare. Sta a noi non renderlo possibile, accettare la malattia, continuare a evolvere, crescere, sperare, cercare risposte, terapie, cure…
Lottare contro la malattia ad armi impari, perché nemmeno sappiamo cosa sia o dove colpirà la prossima volta o come e quanto peggiorerà, come saremo tra un mese, un anno, un decennio... Io nel 2020 stavo incredibilmente meglio di come sto ora, l’anno appena finito mi ha “regalato” tanti peggioramenti ed è difficile capire come sarà il prossimo. So solo che io sono pronta ad affrontare ciò che verrà e, come spero sempre, un giorno avrò la mia diagnosi (o le mie diagnosi).
Nel frattempo voglio ricordare a tutti quelli come me che nessuno ha il diritto di farvi sentire sbagliati, inutili o esagerati. Nessuno ha il diritto di definirvi “depressi” se ogni tanto siete sopraffatti dalla malattia e spaventati o “ansiosi” perché vi preoccupa il vostro futuro. Ansia e depressione possono essere diagnosticati da uno psichiatra e possono essere primari o secondari alla vostra patologia cronica. Se ci sono, vanno curati e trattati come ogni patologia, ma… non devono diventare le etichette di ogni ortopedico, neurologo, pneumologo e tutti i -logo del mondo, solo perché non hanno il coraggio di dire che non sanno darvi risposte. Non c’è nulla di male ad avere una patologia mentale, ma le parole in campo medico hanno un peso: “ansia” non è “preoccupazione”, “depressione” non è “tristezza”. Non lasciatevi mai schiacciare sotto il peso di diagnosi fatte di pancia da medici con le spalle al muro, dopo tanti esami pronti solo a smentire le loro sospette diagnosi. Affidatevi a medici competenti, disposti ad ascoltarvi e a credervi e non arrendetevi. Mai. Purtroppo ci siamo passati in tantissimi… ci sarà sempre qualche medico pronto a darvi colpe che non avete, a trattarvi male ai limiti della decenza, ma ci sono anche medici straordinari: vanno solo cercati un po’.
Mi sono dilungata troppo (non a caso ci sto scrivendo ben due libri sopra… chissà se mai troverò il coraggio di finirli). È un argomento complesso e condensarlo in poche righe è molto difficile. Ho parlato poco di me, tutto sommato, ma se avete domande, risponderò volentieri nei commenti e anche in privato, essendo argomenti di cui qualcuno potrebbe non aver voglia di parlare in pubblico (potete scrivermi qui: tamericiromina@gmail.com).
Ringrazio Daniele per avermi ospitata qui e anche per aver deciso di portare avanti una rubrica dedicata alle malattie rare: c’è davvero tanto bisogno di informare sul tema. Grazie ancora a lui e a voi, se siete arrivati fin qui.
Romina Tamerici
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Grazie ancora Romina per il tuo straordinario contributo. Colgo l'occasione per dirvi che se altri leggendo questo post avessero desiderio di raccontare la loro storia in relazione ad una sindrome rara da cui sono affetti, possono contattarmi per mail, che trovate sul mio profilo blogger, o anche qui tra i commenti.
D.V.R.®
43 commenti:
Penso sia terribile vivere sempre con un grosso punto interrogativi nella mente. Perchè credo ti logora dentro, sino ad impazzire perchè non ti dai pace e come non sapere di essere, ci sei ma non sai un ignoto dove non hai nulla da esplorare.
Credo di capire uno stato d'animo Tuo Daniele e quello di Romina
Certo che ho patologie, ma nulla di raro .......... le mie patologia hanno nome è cognome.
Buona Giornata
PER GOVANNI Romina è coraggiosa e forte ogni istante della sua vita e non si piange mai addosso e la ringrazio per questo suo pezzo davvero straordinario
Mi dispiace tantissimo leggere la storia di Romina.
Mia madre soffre di fibromialgia. Almeno così pare, visto che anche per lei la diagnosi è arrivata dopo anni di problemi.
La parte peggiore di questi calvari è che i medici pensino sempre che i pazienti esagerino, e provano ad imputare la colpa al fattore psicologico.
Che rabbia!
Insomma, vorrei abbracciare Romina e sperare che questo nuovo anno le porti una diagnosi concreta, per quanto le patologie croniche non diano mai tregua, nemmeno se hanno nome e cognome specifico. 😔
Leggendo il post di Romina mi sono venute le lacrime agli occhi non perché abbia provato pietà ma per il suo enorme coraggio. Una giovane donna che convive con un dolore così grande sia psicologico che fisico, è un eroe. Grazie Romina per averci raccontato la tua vita e le tue lotte e per averci dato modo di scoprire qualcosa di più su tante persone che come te affrontano la quotidianità con Resilienza. Una parola che ho cominciato ad amare tanti anni fa quando la scoprii seguendo il blog di una cara amica che lottava contro il cancro. Una lotta che perse insegnando a tutti che non bisogna mai arrendersi, mai. Ti abbraccio forte e verrò a trovarti sul blog. Ringrazio Daniele per questa nuova iniziativa, davvero importante. Buona giornata.
Molto brava Romina. Ha scritto in modo chiaro cosa sia e cosa comporta questa "non patologia".
La forza del suo messaggio è molto concreto ed immensamente necessario.
Complimenti a lei.
Grazie anche a te Daniele. Sai già che ho apprezzato sin da subito la tua idea di proporre questi problemi che in tanti neanche conoscono.
Conoscere è importante per crescere e non farsi influenzare da falsi pregiudizi.
Grazie davvero, abbraccio.
Romina ha una grande forza interiore, non è facile convivere con dolori cronici.
Sereno giorno.
PER CLAUDIA sono sicuro che le arriverà il tuo abbraccio. Vero la cosa peggiore oltre a non sapere che si ha è vedere certi medici ironizzare quasi e cmq considerare esagerate le reali condizioni del paziente.
PER PIA: grazie a te per aver letto il suo articolo e per il tuo commento, la tua sensibilità è immensa.
PER MARIELLA: il grazie più grande va a Romina che ha avuto la determinazione, la forza e la ferma volontà di scrivere senza pietismo ma con profonda verità le sue emozioni, i suoi stati d'animo nonchè con enorme lucidità la realtà concreta che persone come lei devono affrontare ogni giorno senza mai sapere cosa si ha ma sapendo che Isi ha qualcosa che ti impedisce una vita come quella degli altri.
PER CAVALIERE: concordo in pieno.
Ma non è quello che ho scritto?
PER MARIELLA: non ho mica contraddetto il tuo pensiero infatti anzi ho espresso un'opinione concorde. Rileggendo manca una parola manca "il più grande grazie iINFATTI va a Romina"
Su moltissime patologie "autoimmuni" si brancola spesso nel buio, bisogna essere anche fortunati nel capitare nelle mani giuste e al momento giusto.
PER FRANCO: verissimo per questo la segnalazione di Romina nel suo articolo per dove rivolgersi è secondo me di straordinaria importanza.
Non avere risposte è un po' un tarlo, si porta dietro tante domande e preoccupazioni, soprattutto quando si continua a peggiorare. Un giorno spero tanto di capirci qualcosa, per il momento resisto, non mi arrendo e vado avanti. Grazie per le tue parole e mi spiace sapere che anche tu sei malato... Non è facile per nessuno, anche quando le diagnosi ci sono...
Romina è una donna con una forza interiore notevole, posso dirlo avendola conosciuta, se si lamenta per i fastidi fisici che gli crea questa malattia si vede che sono davvero insopportabili, altrimenti avrebbe la forza di "reggere".
Cara Romina, io ti auguro di trovare infine la diagnosi e la cura che aspetti da una vita. Un abbraccio a te, a Marco e alla piccola.
Uno dei problemi peggiori dei malati orfani di diagnosi sono le "diagnosi psicosomatiche" fatte a caso. È sempre ansia, depressione, esaurimento... Per molti medici, ciò che non si vede è sempre nella mente, invece spesso non sanno semplicemente trovarlo. Ho problemi respiratori importanti e per anni nemmeno mi hanno fatto una spirometria perché secondo la mia reumatologa ero solo ansiosa. Ora ho una diagnosi di asma grave (patologia diversa dall'asma comune) e terapie che non mi consentono una vita normale nemmeno a livello respiratorio. Nonostante questo, ogni due per tre, c'è uno pneumologo che dice che esagero e fingo... A volte oltre alla malattia ci tocca combattere anche con queste mentalità... Un abbraccio a te e a tua madre.
Mi dispiace moltissimo per la tua amica. Il cancro è una di quelle diagnosi contro cui spesso non si può vincere ancora, ma la medicina fa continui progressi e speriamo un domani di saperlo sconfiggere. Sicuramente è stata una grande guerriera. Anche io amo molto la parola "resilienza", è la cosa che un po' mi ha sempre tenuta in piedi. Un abbraccio e grazie.
Sono molto felice che dal post traspaia forza. Ho sempre paura di sembrare una "lagna". Grazie mille!
La parola "cronico" è quella che pesa di più, in effetti. Mezz'ora libera sarebbe già un bel sollievo, ma certi dolori non li spegne nulla, nemmeno i farmaci. Grazie per il tuo commento!
PER ROMINA io convivo da quasi 4 anni con una più o meno lieve forma di Parkinsonismo all'avambraccio sinistro, ho le mie pastiglie e conduco tutto sommato una vita normale Niente a che vedere con la tua situazione e quella di tanti altri come te, io sono un privilegiato al confronto. Sono molto elice che tu abbia accettato il mio invito e ringrazio anche Ariano Geta per averti contattata proponendoti di contattarmi a tua volta, perchè questo tuo articolo è molto importante e può aiutare tutti quelli che magari ancora non sanno cosa stanno vivendo, si sentono soli, non sanno a chi rivolgersi. Tu hai risposto a tutte queste domande ed è tantissimo visto che trattiamo di un tema nel quale le risposte spesso latitano...
Grazie, Daniele, per avermi ospitata qui! Sto rispondendo ai commenti! Sono tantissimi! Sono molto contenta che tante persone abbiano trovato tempo da dedicare alle mie parole. Grazie davvero!
PER ARIANO grazie per averla cercata ed averle segnalato la mia iniziativa te ne sono davvero grato.
In effetti, anche la mia si sospetta sia autoimmune (ho ANA positivi nel sangue da sempre ma ENA e altri esami negativi che rendono difficile fare diagnosi certe). È un mondo estremamente ampio e complesso... Grazie del commento.
Nelle mani giuste penso di esserci finita l'anno scorso, infatti di questo sono molto contenta!
Grazie mille a te, se il mio post è qui oggi è merito tuo!
Stavo già male quando ci siamo conosciuti, soffrivo molto ma riuscivo a nasconderlo di più. Ora praticamente senza stampelle o appoggi non posso stare in piedi più di pochi minuti e la situazione è molto più seria rispetto a qualche anno fa (tant'è che manco anche dal Lucca Comics da parecchio). Se ce la farò a tornarci, sicuramente ci rivedremo! Poi anche mai figlia si fa già leggere i manga (deve aver preso dal papà) quindi... sicuramente le piacerebbe tanto. Voglio credere che prima o poi sarà fattibile rifare un giro al Comics e rivedersi! Un abbraccio!
Mi dispiace molto sapere che hai questa patologia. Sono felice che i farmaci funzionino però la cronicità è sempre una situazione difficile. Spero che la terapia ti aiuti a condurre sempre una vita il più possibile normale (non conosco la situazione e spero non sia degenerativa). Ti mando un abbraccio, tra malati siamo tutti "compagni di sventura" e ci sentiamo tutti fortunati rispetto ad altri che stanno peggio ma è importante anche legittimare la propria sofferenza e il proprio dolore. Sapere che c'è chi sta peggio non sempre è un conforto, anzi, spesso è solo triste pensare che il mondo è così intriso di tanta sofferenza di tante persone. Siamo guerrieri, ognuno ha la sua battaglia e tutte hanno valore. Grazie ancora per avermi ospitata qui. Ho trovato molta umanità che fa bene al cuore!
Per Romina
è Daniele che ha saputo coinvolgere in qualcosa che di solito non si pensa mai.
È chiarissimo Daniele.
Voglio ringraziare Romina per la sua testimonianza, per il coraggio che ha nel raccontare la sua storia e per la grande forza grazie alla quale non si è piegata alla vita e a coloro che non le hanno creduto. Sei un esempio, Romina. Ti auguro di trovare al più presto una diagnosi affonchè si possa alleggerire il peso che ti porti addosso.Un ringraziamento va anche a Daniele che ha fatto si cho Romina raccontasse la sua storia.
PER CATERINA: mi unisco anch'io alle tue belle parole per Romiina.
Romina è stata molto coraggiosa , sia per come ha affrontato questa malattia, sia per il fatto di parlarne, perché altre persone possono trovarsi nella stessa sua situazione e non sanno cosa fare. Troppo facile liquidare queste patologie dando la colpa ad ansia, depressione... Io spero che i medici dell'ambulatorio di Genova possano aiutarla a trovare una diagnosi, in modo da sapere che cosa combattere. Auguri Romina, forza e un abbraccio forte, forte !! Saluti Daniele, grazie perché dai voce a queste vicende.
Una delle cose più difficili che ho fatto è stata imparare a credere abbastanza in me stessa da non farmi distruggere dai medici che preferivano darmi psicofarmaci o dirmi che ero matta che ascoltarmi. La malattia, la affronto a fatica ma a testa alta, ora che riesco a tener testa ai medici. Erano capaci davvero di spezzarmi. Ora non più.
Ci ho messo tanti anni a parlarne alla luce del sole. Mi vergognavo, avevo paura che la gente mi guardasse con "pena". Da qualche anno ho capito che per far sì che la mia sofferenza non sia inutile deve essere condivisa per essere di aiuto a chi è in situazioni simili e a chi altrimenti non potrebbe capire e magari un domani anche ai medici per non trattare mai più un paziente come io e tanti altri siamo stato trattati. Grazie del commento!
Penso che la scienza riesca ad avere i fondi necessari per costruire la bomba atomica, telescopi spaziali, viaggi nel cosmo e che per le malattie rare non ci sia un impegno adeguato
nei finanziamenti.
Si soffre per malattie anche se ci sono i farmaci, si può impazzire per malattie che non hanno nemmeno il supporto di una diagnosi e quindi possa diventare impossibile curarsi.
Romina, tu soffri e meriti un grande rispetto. Dovrebbero vergognarsi quelle persone che non fanno niente per la ricerca delle malattie rare.
So che non devo vergognarmi. Ora lo so e lo capisco bene, ma quando ero una ragazzina e avevo tutti i medici contro a dire che ero solo "fragile", "instabile", che non volevo guarire ma era tutto nella testa... Ecco, a quei tempi, mi sentivo io quella sbagliata. Purtroppo sono anche farmaco resistente quindi tutte le terapie fatte finora, che dovevamo darmi sollievo al dolore, non hanno funzionato e si sono rivelate anche disastrose per il mio organismo. Non avendo una diagnosi è tutto un tentativo basato su supposizioni... Insomma, è complicato. Grazie mille per le tue parole!
PER MIRTILLO grazie per queste tue parole
Ciao Daniele! Sono passata solo per farti i migliori auguri di una buona Epifania che estendo anche alla tua famiglia ed al tuo papà che spero sia insieme a te. Un forte smack, ciao.
PER PIA grazie per gli auguri che contraccambio di cuore. Papà purtroppo è in una ottima struttura ma non è più in casa quindi per ora ancora riesco a vederlo grazie ad un atteggiamento coraggioso e lucido della atessa rsa ma non oggi esopratutto chissà per quanto
Mi dispiace tanto e perdonami se ti ho donato tristezza.
Ma son certa che comunque sia stia bene e cerca di star sereno anche tu. Ti abbraccio forte.
PER PIA Per ora sembra ancora possibile vederlo ma presto potrebbero anche loro essere costretti a non fare deroghe speciali non.solo per me. Non ti dispiacere il tuo era un bellissimo augurio 🥰
PER GUS concordo con te e spero proprio che Romiba possa presto conoscere la diagnosi e che lsxticerca quella vera possa sempre più essere aiutata
Ciao Valeria, deve essere stato un anno spaventoso e incredibilmente difficile! Sono felice però che tu ora abbia la tua diagnosi. Per alcuni di noi, malati orfani di diagnosi, sono serviti decenni a trovarla. Capisco benissimo la sensazione di essere solo un esperimento... quante ne dobbiamo passare! Ti mando un abbraccio e spero che tu possa stare meglio ora con le giuste terapie.
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