OGGI RESTO IN SILENZIO
"Festa del lavoro!
Giornata straordinaria
Eppure tanti ancora lamentano
Forte disoccupazione
Alta percentuale di inoccupati.
Ma i numeri che forniscono
Sono farneticazioni improbabili
Frutto di interviste e sondaggi pilotati
Mentre io posso darvi numeri reali.
E poi
Quando hanno il lavoro
Si lamentano
O perchè è precario
O perchè hanno turni da schiavi
O perchè il salario è bassissimo
O ancora perchè in quanto donne
Sono penalizzate se restano incinta
O perchè sono pagate nel privato meno dell'uomo.
Che vergogna
Invece di ringraziare il cielo di avere un lavoro!
Proprio loro
Che poi sono i primi e le prime a dire
Che trovare occupazione in Italia è durissima
Salvo poi inveire contro altri lavoratori come loro
Quando bloccano le strade
Per evitare il licenziamento.
Ma torniamo ai freddi numeri
E lo faccio per dimostrarvi
Che il lavoro c'è
E tanti sono gli occupati.
Ogni anno oltre un milione di infortuni sul lavoro
25.000 gli invalidi permanenti
Ed oltre 1200 i morti.
Eccovi dei dati reali
Dati che dimostrano
Quanto siano tanti gli occupati in Italia
Tenendo conto che per quanti ne muoiono
Altrettanti sono ancora vivi
Questi sono numeri veri
Numeri elevati che non potrebbero esistere
Senza vera occupazione.
Ed a chi mi dice
Che è inaccettabile
Avere caduti sul lavoro
Rispondo che non siete mai contenti:
O protestate per l'assenza di lavoro
O per la sua precarietà se lo avete
O perchè si può morire
Insomma siete solo dei pusillanimi
Svogliati
Debosciati
Senza alcuna voglia di darvi da fare!
E se non vi va questa realtà
Fate gli imprenditori
Mettetevi in proprio
E non rompeteci i coglioni!
Ma non lo farete
E sarete bravi anche nel trovare la scusa
In qualità di veri professionisti degli alibi
Ossia i finanziamenti negati dalle banche
Siete patetici".
Voi magari non ci crederete
Ma soggetti abietti come lui
Ce ne sono più di quanti immaginiate
Ed allora
Che senso ha parlare oggi
E spesso solo oggi
Di diritto al lavoro
E diritti sul lavoro?
Oggi quindi
Io non parlerò del primo maggio
E di tutte le problematiche legate al lavoro,
Non mi farò risucchiare
In farfuglianti discorsi stereotipati
Di politici farlocchi
E sindacalisti bolsi e dalla pancia piena
Quando non falsi ed ipocriti.
Oggi è primo maggio
È non è festa nemmeno per tutti i quanti i lavoratori
Bambini nelle miniere
Riders
Turnisti...
No
Oggi io non scriverò nulla
Su questa amena ricorrenza
Oggi sarà festa anche per me
Riprenderò a parlare di lavoro
Da domani
E domani
E domani
E da domani ancora...
DANIELE VERZETTI ROCKPOETA®
Il lavoro croce e delizia, chi ce l'ha e vorrebbe la pensione, chi lo brama e fatica a vivere. Il lavoro regola ancora con dinamiche malsane la vita di ognuno di noi, e se non capiamo che un'equilibrata distribuzione arricchirebbe tutti non faremo passi avanti. Purtroppo l'egoismo è il reale fondamento su cui si basa la vita di ogni paese. Il pensiero principale è l'arricchimento, e chissenefrega dei poveri. Si, ogni tanto facciamo finta di pensarci, una bella riunione di Ministri inutili per decretare un aumento di 14 euro al mese di aumento.. ma in realtà noi siamo noi, e voi non siete un ca**o. Orribile battuta di Alberto Sordi ma che centra perfettamente la situazione: orribile.
RispondiEliminaIl problema infatti è che la quantità di chi cerca lavoro è superiore ai posti di lavoro offerti, così chi offre lavoro può imporre le sue condizioni. E se nessuno le accetta perché sono davvero troppo vessatorie, ci sono sempre gli immigrati da cui attingere...
RispondiEliminaPER FRANCO: non è il lavoro a gestire con regole malsane la nostra vita, ma chi lo gestisce e ci gestisce, e non solo in campo lavorativo ma sociale, sanitario, ecc.... Sono loro a forzare ed obbligare noi a vivere secondo le loro regole di sfruttamento. La famosa frase di Sordi è estesa a tutti i poveri, ma sempre con Sordi, c'è un altro film dal famoso finale quando lui dice: "Lavoratori: Prrrrr! " Solo che poi in quel caso, ma nella realtà non accade mai, il veicolo sul quale stava si ferma ed i lavoratori inviperiti lo raggiungono....
RispondiEliminaPER ARIANO: in parte è quello, in parte secondo me si cerca forsennatamente di trovare ogni modo possibile per costringere in ginocchio i lavoratori per far loro accettare un ritorno al passato, prima che lo Statuto dei Lavoratori esistesse, forse prima ancora del novecento.
RispondiEliminaLa situazione è peggiorata negli ultimi anni, meno diritti, bassi stipendi, infortuni in aumento.
RispondiEliminaAnche il tempo è contrario alle manifestazioni, come al solito il 1Maggio piove!
RispondiEliminaAnch'io resto a casa perché sono delusa: In fabbrica i colleghi di mio marito riferiscono di essere tornati indietro di 40 anni. I lavoratori per i padroni spesso sono solo delle braccia e delle teste per farli arricchire. Non si sente più dire: al lavoro è come stare in famiglia.
Oggi hai ragione tu è meglio stare in silenzio!
X DANIELE
RispondiEliminaHo letto qualcosa che spiega la tua poesia.
La classe operaia va in paradiso è il classico esempio di titolo di un film che con il passare del tempo entra nell’immaginario comune e nel linguaggio giornalistico con un significato differente dall’originale. Nel film Palma d’oro a Cannes del 1972, scritto da Ugo Pirro, girato da Elio Petri e interpretato da uno straordinario Gian Maria Volonté, troviamo ben poco paradiso e molta alienazione. La pellicola, accolta tiepidamente dalla classe politica di Sinistra, criticato dal Sindacato, nel film dipinto come inconcludente nei risultati e spesso allineato con i “padroni”, e non certo tenera con gli studenti che a partire dal 1968 si erano ritagliati il ruolo di nuovi intellettuali che fuori dalle fabbriche parlavano di rivoluzione e proletariato (“e a casa avevano il Maggiolini”, per citare un mio caro Professore), racconta la parabola personale di Ludovico Massa detto Lulù (Volontè, appunto). Da operaio cottimista e instancabile avrà in un incidente che lo priverà del dito di una mano finito in un ingranaggio il momento di rottura con i ritmi della fabbrica. Il monologo è nel momento in cui Lulù inizia il percorso di contestazione.
Lo studente lì fuori mi ha detto che noi entriamo qui dentro di giorno quando è buio e usciamo di sera quando è buio: ma che vita è la nostra…
Il tema del lavoro e delle condizioni rimangono molto attuali nelle sue logiche, nei tempi e nello sfruttamento: la rincorsa alla produzione a basso costo per massimizzare il profitto con la necessità di uscire dall’indigenza, si materializzano spesso in condizioni di lavoro difficili e quasi sempre precarie.
Già che ci siamo, perché non lo raddoppiamo questo cottimo, eh? Così lavoriamo anche alla domenica, magari veniamo qui dentro anche alla notte e magari portiamo dentro anche i bambini, le donne… I bambini li sbattiamo sotto a lavorare, le donne ci sbattono a noi un panino in bocca e noi via che andiamo avanti senza staccare…
… lavoravo per la produttività, incrementavo… incrementavo… e adesso cosa sono diventato? Una bestia.
Ripensando ai nostri tempi, quelli della globalizzazione, del prodotto a basso costo, dei contratti precari, delle finte partite IVA, di chi si trova a svolgere più lavori durante la giornata per raggiungere un reddito minimo, lo sfruttamento e l’alienazione non sembrano di certo scomparse. Il finto stage, l’alta qualifica richiesta ma non riconosciuta economicamente, le forte disparità di retribuzione tra i sessi sono una condizione che potremmo definire purtroppo naturale. Con questo non diciamo che si debba arrivare allo sfogo duro, amaro, di ribellione estrema di Lulù che alla fine tornerà suoi propri passi:
… e chi non lascia il lavoro, subito, adesso, è un crumiro, è una faccia di merda
ci verrebbe però da dire che gli operai oggi non sono più alla catena di montaggio, grazie ai padri che hanno sperato per loro figli un futuro differente. Verrebbe da chiederci cosa siano diventati però quei figli di operai e dove siano finiti gli allora studenti/intellettuali…
PER CAVALIERE: direi letteralmente degenerata.
RispondiEliminaPER MARATONETA stiamo precipitando all'indietro, i diritti conquistati con fatica sono sistematicamente cancellati o resi precari che poi è un modo furbo per renderli inesistenti in modo surrettizio.
RispondiEliminaPER GUS: bellissimo il film che citi. Gli operai oggi non sono forse più in catena di montaggi ma monitorano le macchine che fanno. quel lavoro e magari ne vengono schiacciati o cmq uccisi per un "incidente" sul lavoro. Vero lo sfruttamento del lavoratore è sempre stato un evergreen nel tempo, ma dagli anni settanta in poi e forse anche prima, la situazione lavorativa era migliorata e maggiori diritti erano stati ottenuti. Oggi purtroppo, forse anche a causa di una frammentazione delle categorie di lavoratori, della nascita di altre non regolamentate, di una maggiore precarietà e di una più dura disoccupazione, esiste anche una minore coesione tra tutti i lavoratori.
RispondiEliminaSai nella mia poesia il personaggio abietto una cosa vera la dice quando afferma:
"Proprio loro
Che poi sono i primi e le prime a dire
Che trovare occupazione in Italia è durissima
SALVO poi inveire contro altri lavoratori come loro
Quando bloccano le strade
Per evitare il licenziamento."
Ecco manca anche solidarietà fra le differenti categorie di lavoratori.
Ti devo ancora una risposta, ossia che fine hanno fatto gli studenti/intellettuali di sinistra se posso permettermi di aggiungerlo e radical chic di allora. Dunque quasi tutti finiti a ricoprire ruoli dirigenziali pubblici nelle scuole o nell'INPS ecc.....
Quanto ai Figli di quegli operai, ma qui non ho certezze e ti rispondo sulla base di mie mere supposizioni, avranno avuto sorti e destini variegati e differenti tra loro; qualcuno ce l'avrà fatta avrà studiato e avrà fatto strada, altri magari avranno ottenuto un posto fisso alle poste o in banca immagino io, altri ancora avranno ripercorso la strada dei loro padri.
Credo che i lavoratori, operai, impiegati, precari e no debbano innanzitutto rispolverare la solidarietà nei luoghi di lavoro. Non voltarsi dall'altra parte quando qualcuno ha un problema o è vessato. Frasi come "non mi riguarda" , " non mi compete", " non siamo amici" si sentono troppo spesso. Sinché non si riconoscerà che siamo tutti sulla stessa barca, sinché si praticherà l'indifferenza e non la solidarietà i lavoratori continueranno a subire.
RispondiEliminaFabio Melis, mi trovi d'accordo : manca la solidarietà tra lavoratori, oggi c'è più che altro rivalità.
EliminaAs considerações que poderiam ser feitas ao seu poema dava para escrever um grande capítulo de um livro. Ou até mesmo um livro inteiro.
RispondiEliminaHá tanta gente a reclamar sem qualquer razão para isso que nem ouvimos os que realmente reclamam com razão. Há muito ruído.
E sim, quase todos os líderes dos sindicatos estão de barriga cheia. Acho que nunca trabalharam da vida e fazem do sindicalismo a sua profissão.
Mas também há empresas e patrões que exploram e tratam muito mal os seus funcionários.
Parabéns pelo seu poema, é excelente.
Bom feriado e boa semana.
Um abraço.
Condivisibili le tue riflessioni. Passi all'indietro, non c'è dubbio! Però i passi all'indietro sono più indolore, per la massa che li subisce, quando al potere c'è "cappuccetto rosso". Quando cioè al governo ci sono quelli "buoni".
RispondiEliminaQuando invece al governo c'è il "lupo cattivo", allora c'è più gusto nel rimarcare l'affievolimento dei diritti acquisiti.
Buona festa del primo maggio!
Un antico detto che nasce tra i lavoratori che dice: Lamentati se vuoi stare meglio.
RispondiEliminaBuon Primo Maggio 2023
PER FABIO: considerazioni assolutamente ivere
RispondiEliminaPER JAIME; ti ringrazio prima di tutto per le straordinarie parole che mi hai dedicato e soprattutto per le tue profonde considerazioni sulla poesia
RispondiEliminaPER GIORGIO: concordo con te, pueroppo uno stesso atto leirbicida, per molti è tale o meno a seconda di chi ci governa
RispondiEliminaPER GIOVANNI: io preferisco "protesta" o lotta, a "lamentati", trovo le mire propostei più giuste e più dignitose.,
RispondiEliminaIl mondo del lavoro è sempre molto incerto.
RispondiEliminaTutti abbiamo bisogno di lavorare ma è un bisogno che non sempre ci fornisce un giusto "contraccambio", una ricompensa adeguata. Bisogna ringraziare il cielo quando c'è, anche quando imperfetto. Ahimè.
Buon 1° maggio.
Daniele Verzetti
RispondiEliminaHo scritto antico ed allora il termine Protesta non era conosciuto.ed era più che giusto usare che si conosceva per stare meglio.
Dalla Treccani il termine lamentati è:
https://www.treccani.it/vocabolario/lamentare/
v. tr. e intr. pron. [lat. lamĕntari, lat. tardo lamĕntare] (io laménto, ecc.). – 1. tr. Compiangere, provare dolore o rammarico per qualche cosa: tutti lamentarono la sua morte; l. i proprî errori, la propria incoscienza. Con sign. attenuato (per lo più nella forma impersonale), parlando di disgrazie, fatti dolorosi e sim., essere costretti ad attestarli, a darne notizia: nell’incidente si lamentano parecchi morti; fortunatamente non si lamenta nessuna vittima; si lamentano gravi disordini. 2. intr. pron. a. Con uso assol., emettere lamenti, per dolore fisico o morale: il malato non fa che lamentarsi; s’è lamentato tutta la notte per lo spasimo; l’ho sentito lamentarsi nel sogno. Anticam. anche senza la particella pron.: Giusto duol certo a lamentar mi mena (Petrarca). b. Con compl. di specificazione (che può anche essere sottinteso), esprimere la propria scontentezza, dolersi presso altri di cosa che non ci soddisfa, di un torto subìto, di quanto ci fa soffrire: lamentarsi della cattiva sorte; si lamenta di crampi allo stomaco; lamentarsi di essere stato isolato; non mi lamento, non posso lamentarmi, per dire che non si è scontenti, che in fondo si è soddisfatti di qualche cosa: «Come va la salute?» «Non mi lamento» (e con soggetto di 2a o 3a persona: non puoi lamentarti, non hanno motivo di lamentarsi, e sim.). Spesso è inclusa l’idea di un certo risentimento: lamentarsi del cattivo trattamento, del pessimo vitto, della poca pulizia di un locale, della disorganizzazione degli uffici; lamentarsi di lavorare troppo; lamentarsi presso i superiori, ecc.
SE rispondi, non rispodere a me, ma al tuo stesso blog.
Io non cambio idea sul termine.
Ancora Buon primo Maggio
Per Daniele:
RispondiEliminaè proprio così, Daniele. Una misura normativa è considerata iniqua o addirittura fascista se viene emanata da una determinata maggioranza di governo. E lo stesso provvedimento normativo, se adottato da una maggioranza c.d. progressista, viene ritenuto semplicemente "impopolare" ma necessario. Ora questo schema concettuale, basato sui buoni da una parte e i cattivi dall'altra, con cui è stata plasmata la struttura mentale delle masse, ci rende insensibili. Per cui un governo progressista, cioè un governo costituito dai "buoni", può consentire ai latifondisti indisturbati di sfruttare gli extracomunitari sottoimpiegati nel settore agroalimentare, può picchiare gli operai portuali no vax a Trieste, può imbalsamare i sindacati, può ipocritamente dare l'asilo politico anche a chi non viene da paesi in guerra, può spendere milioni di ero per fomentare il conflitto in Ucraina (mentre mancano i posti letto nei reparti di cardiologia e nei pronto soccorso). Questo perché la maggioranza della gente, opportunamente ben addomesticata, ormai crede che i governi composti da i "buoni" fanno sempre cose necessarie, ancorché impopolari, inique o contro i principi costituzionali.
Quì piove ancora oggi. Ma comunque è un giorno di festa :-)
Per non dire niente, hai detto tutto.
RispondiEliminaGrazie e buon primo maggio.
podi-.
Questi sono i dati amico mio, hai detto tutto. Aggiungo solo: lavorare tutti, lavorare meno... ma vai a dirglielo a questo governo che proprio oggi ha fatto danni incalcolabili a partire dall'eliminazione del reddito di cittadinaza.
RispondiEliminaPER GIOVANNI il punto è che purtroppo ha anche ingiustamente se vuoi il significato di lagnarsi anche se pure per me il termine lamentersi ha una valenza più seria ed elevata.
RispondiEliminaPER LA DAMA BIANCA direi certo nel suo essere precario
RispondiEliminaPER GIORGIO concordo in toto.
RispondiEliminaPER CARLOS grazie
RispondiEliminaPER ALLIGATORE aggiungerei lavorare meglio pagati e senza precariato
RispondiEliminaDaniele Verzetti
RispondiEliminaMi dispiace ma non conosco il "gioco" dei termini. Ma ho capito che tu giochi molte bene.
Grazie, Daniele, della tua toccante denuncia poetica, denuncia che sottoscrivo con te.
RispondiEliminaPER GIOVANNI non è un gioco, io volevo solo dire che oggigiorno si tende a dare a lamentarsi anche un senso purtroppo a volte non cosi positivo. Ma non sto dicendo che io reputi questa parola importante.
RispondiEliminaPER MARIA grazie
RispondiEliminaConsecutio temporum
RispondiEliminaSi inizia con un lamento, che si trasforma in protesta, e poi lotta o si vince o si perde.
E' quello che hai fatto tu Daniele col vaccino. Io non dimentico.
Dunque: lamentati se vuoi stare bene.
PER GIOVANNI sei stato chiarissimo ed hai ragione.
RispondiEliminaCome sempre sei un grande. Come hanno ridotto il nostro paese, non ha più senso parlare di festa dei lavoratori, non ha più senso il lavoro in questo paese perché il lavoro, quello vero, fatto di diritti, ormai è quasi scomparso. Sopravvivono ancora vecchi contratti a tempo indeterminato di persone che attendono la pensione… ma sono in via d estinzione
RispondiEliminaPER CATERINA: ti ringrazio sono toccato dalle tue parole. Sì è vero, oramai il mondo del lavoro è il paradiso del precariato o forse è meglio dire l'inferno, dipende dai punti di vista e dalle angolazioni da cui questo mondo lo si osserva.
RispondiEliminaFare un lavoro che piace è come non lavorare mai. L'ideale sarebbe questo ma non sempre è possibile e bisogna accontentarsi.
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