MARATONETA GIO' in questo post di GUS lascia questo commento:
"Per tanti anni sono stata amica di Liana Millu superstite n. A 5384 di Auschwitz-Birkenau. E' deceduta nel 2005 e prima di morire le ho promesso che avrei continuato io ad andare nelle scuole, il giorno della memoria per raccontare ai ragazzi la pagina più nera del novecento. Quando fu liberata si nascose in una fattoria abbandonata e tra la paglia trovò un diario con una matita. La prima cosa che fece scrisse il suo nome e cognome per più di 100 volte. Era amica di Primo Levi al quale regalò il mozzicone di matita che la aiutò a rinascere. Lei è sempre con me! "
Queste tue parole, Giò, hanno portato il mio cuore a scrivere...
POSSIEDO UN NOME
Liana Millu
Liana Millu
Liana Millu
Liana Millu
Liana Millu
E non A.5384
Io sono e resto
E sarò per l'eternità
Liana Millu.
I'm with name
My name
Possiedo un nome
Il mio nome
Solo mio
Per sempre mio
Come la mia vita
Gli orrori
Le umiliazioni
La mia paura
Il mio coraggio
La mia rabbia
Unghie spezzate
Ma mai piegate
Hanno scavato forsennatamente
Nel profondo della mia anima
Per aggrapparsi
Alle ultime stille di speranza.
Libera
Respiro la luce
Di una ritrovata
E commossa felicità
Mista a quel retrogusto amaro
Di due domande
Che non riesco a togliermi dalla testa:
"Perchè tutto questo orrore?
E perchè proprio io sono ancora viva?"
A. 5384
Sarà per sempre
Un marchio indelebile
Per ricordare
E per non far dimenticare
Cosa l'uomo può fare
A quali livelli di orrore può giungere
Liana Millu
Liana Millu
Liana Millu
Ora e per 100 volte lo scrissi
Ora e per 100 volte lo riscrivo
Ora e per 100 volte lo grido!
Io sono Liana Millu
E per chi negasse l'evidenza
Sono viva
E testimone dell'olocausto
Io Sono Liana Millu
Ed A.5384
È la prova che il Male esiste
Ha avuto un volto ed una voce
E tanti suoi vili servitori
Io sono Liana Millu
Mancata nel 2005
Sepolta qui, in questo cimitero
Una lapide porta il mio nome
Unica gioia in questo momento amaro:
Nessuno più mi ha tolto il mio nome
Neanche la Morte.
DANIELE VERZETTI ROCKPOETA®
Un numero, le persone smettevano di essere persone, esseri umani, soltanto un numero, bestiame... Si disumanizza la persona, se potesse esserci un minimo sentimento verso Liana, le chiameremo A5384.
RispondiEliminapodi-.
PER PODI: Condivido ogni tua parola
RispondiEliminaX DANIELE
RispondiEliminaNon c'è un limite alla cattiveria dell'uomo, ma per nostra fortuna non c'è nemmeno un limite alla forza di sacrificio e della sofferenza subita con immensa dignità.
Primo Levi, a proposito di Auschwitz, dove furono uccisi in pochi anni un milione di ebrei, disse che la presenta di quel campo di concentramento esclude l'esistenza di qualsiasi Dio.
Liana Millu
e non A.5384
resta
e sarà per l'eternità
Liana Millu.
PER GUS: hai ragione, per fortuna come contraltare a questa ferocia c'è la bontà e la forza di sacrificio per lottare contro questi orrori.
RispondiElimina(Soprav)vivere nei lager deve essere qualcosa di talmente allucinante che anche leggendo le testimonianze di chi ci è riuscito non si può afferrare sino in fondo.
RispondiEliminaLa privazione di un nome è il primo passo per la privazione di ogni diritto.
La cosa terribile è che, anche se se ne parla poco, lager del genere esistono ancora in Corea del Nord, in Cina, in Iran e certamente anche in altri regimi dittatoriali troppo lontani dall'Italia e troppo ininfluenti geopoliticamente per destare un minimo di interesse sui media.
PER ARIANO: vero, ci sono ancora nel mondo e non se ne parla molto, e non solo per la distanza chilometrica ma anche perchè sono Paesi caratterizzati da feroci dittature che, anche a livello internazionale, fanno la voce grossa al primo problema e sono a mio avviso, invece (almeno alcuni di essi), molto influenti: pensa a Cina ed Iran su tutti.
RispondiEliminaEsseri umani che hanno sofferto e soffrono l'indicibile. Cose insopportabili solo al pensiero per noi viziati del ventesimo secolo. memorie che non vanno disperse anche se pare non ne stiamo facendo affatto tesoro, anzi. E non solo per guerre e morte, ma anche per un mancato sorriso, per una gentilezza rifiutata, per una parola di troppo.
RispondiEliminaNon abbiamo impoarato niente.
PER FRANCO concordo con te, forse più che non aver imparato la lezione, abbiamo troppo presto e troppo facilmente dimenticato ed al contempo anche dimostrato di non saper leggere gli avvenimenti della Storia, e quindi di non capire quando esiste il rischio di un suo ripetersi anche se non nello stesso modo ma cmq in maniera tale da provocare nel mondo sofferenza e dolore.
RispondiEliminaE' straniante sentirsi solo un numero.
RispondiEliminaIl nostro nome è identità, il nostro riconoscerci nel mondo.
PER LA DAMA BIANCA: giustissimo.
RispondiEliminaDare un numero alle persone, come se fossero bestie da macello !! Non erano più persone, erano numeri , senza diritti, senza riconoscimenti !! Fino a dove è arrivata la cattiveria umana !! Saluti
RispondiEliminaidentificare le persone con un numero era una delle tante "tecniche" per disumanizzare i prigionieri nei lager, ma a perdere ogni barlume di umanità erano i carnefici, anche se essi - rispetto alle vittime - il loro nome lo conservavano.
RispondiEliminaLiana Millu ora e sempre <3
non c'è marchio sul braccio che possa annullare le identità di un uomo, di una donna, tantomeno di tutti coloro che hanno vissuto l'orrore di cui parli nella tua bellissima poesia-
PER MIRTILLO: e fin dove continua purtroppo visti i tanti genocidi succedutisi anche in seguito.
RispondiEliminaPER ANGELA: nessuno di noi deve essere un numero noi abbiamo un nome ed una identità
RispondiEliminaOttimo tributo, caro Daniele: mi unisco all'omaggio per Liana Millu, for ever. Grazie di cuore.
RispondiEliminaPER MARIA; grazie.
RispondiEliminaQuesto è il suo testamento.
RispondiEliminaMi spiace non essere lì e iniziare nel solito modo. «Sono il numero A 5384 di Auschwitz-Birkenau». Le parole sono sempre le stesse, ma oggi risuonano con la forza di milioni di persone che parlare non possono più. Mi rivolgo a tutti, particolarmente ai ragazzi, perché conoscere quel passato è garanzia per il loro, per il nostro avvenire. Avvicinate quel passato, il vostro presente ne sarà rafforzato. Andate in quei luoghi funesti e non per un giorno. Studiarli porterà bene alla vostra vita, io lo so. Non limitatevi ad un giorno. Cercate soprattutto di vedere, di andare: tornerete migliori e più forti, la vostra coscienza ne sarà approfondita. Questo vi auguro. E vi benedico in nome di quelli che non poterono farlo.
Grazie Daniele per questo ricordo di una donna speciale, che fu maestra elementare , giornalista, scrittrice e partigiana. Non ha mai odiato ma non dimenticato.
È pazzesco pensare che, con tutto quel passato alle spalle, siamo ancora costretti a parlarne quasi quotidianamente, visto che dalla storia non impariamo nulla.
RispondiEliminaX Gus I morti della shoah furono 6 milioni solo di ebrei di cui 1,5 milioni di bambini.
RispondiEliminaVittime Olocausto altri 15 milioni : rom, sinti, oppositori politici, portatori di Handicap fisici e mentali, omossessuali, prigionieri politici, ecc
Questi sono solo dati approssimativi., non si saprà mai la vera entità.
PER MARATONETA: grazie a te per averne parlato e grazie a Liana per la sua testimonianza e la sua forza.
RispondiEliminaPER MARIELLA: non si impara mai o forse più che non aver imparato la lezione, l'abbiamo troppo presto e troppo facilmente dimenticata ed al contempo anche dimostrato di non saper leggere gli avvenimenti della Storia, e quindi di non capire quando esiste il rischio di un suo ripetersi anche se non nello stesso modo ma cmq in maniera tale da provocare nel mondo sofferenza e dolore. Siamo un popolo smemorato e colpevolmente distratto.
RispondiEliminaVedo che hai ripetuto quel che hai già scritto a Franco😉
EliminaDaniele mi hai fatto piangere e venire la pelle d’oca. La tua potente poesia mi ha permesso di immedesimarmi in Lilli. È incredibile l’oscenità del male, ma anche il male ha dei limiti, non può sempre vincere.
RispondiEliminaGiusto ricordare.
RispondiEliminaSaluti a presto.
X Mariella: ti ha detto che siamo smemorati.. ;) si lo so.. poco da sorridere, ma dovrebbe far parte della lezione dei tempi: ricavare bellezza da ciò che c'è stato di brutto, un impegno e un dovere. Un bacio anche a Daniele
RispondiEliminaPER MARIELLA esatto ma è stato voluto perché il vostro commento era identico ossia non si impara mai io ho purtroppo un'opinione peggiore del popolo italiano.
RispondiEliminaVero che siamo smemorati, ma io non sono stupida😉
RispondiEliminaPER CATERINA: mi sono commosso anch'io mentre la scrivevo.
RispondiEliminaPER CAVALIERE: concordo.
RispondiEliminaPER MARIELLA E FRANCO: non voleva essere una risposta che implicitamente contenesse la frase "A buon intenditor poche parole" ma era davvero estesa a tutto il popolo nostrano ed a ragione direi. E poi cmq la ruota gira e magari a turno a tutti noi tocca e toccherà essere smemorati...
RispondiEliminaTatuare un numero su un braccio, appiccicare un'etichetta addosso a una persona significa disumanizzarla, solo così la bestia umana farà di loro ciò che vuole, non provando nessuna empatia si assolverà da ogni colpa e si sentirà giustificata.
RispondiEliminaQuello che è stato fatto agli ebrei e non solo a loro è stato un orrore che non si può dimenticare e accantonare eppure c'è chi vuole far dimenticare negando quanto è accaduto.
Il passato può insegnarci tante cose ma se non siamo disposti a imparare, a non commettere gli stessi errori, il passato resterà solo un tempo verbale. E allora guardiamoci intorno con gli occhi ben spalancati e il cuore aperto pronto ad accogliere chi ha bisogno di aiuto, smettiamola di tatuare numeri e appiccicare etichette, diventiamo veramente umani.
PER BIANCA: condivido in pieno il tuo commento.
RispondiEliminaAnche se ciò che hai scritto è grande non volevo scriverti nulla. Mi fa molto male leggere queste cose. Per cui mi son decisa... perché volevo solo che tu lo sapessi. Ti abbraccio, ciao.
RispondiEliminaPER VALERIA: hai avuto un grande onore nel conoscere questa donna. Grazie dal profondo del cuore per questa tua toccante testimonianza.
RispondiEliminaPER PIA: lo so, per me è uguale senso come un dolore quasi fisico quando leggo, vedo o scrivo di queste cose.
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