Anche questa poesia nasce da un, come li chiama Riccardo, "cross-posting". La "colpa" (merito in realtà) è di Angela e del suo blog Chicchi di Pensieri in quanto è nato tutto da un suo post di qualche tempo fa del 16 novembre per l'esattezza, nel quale recensiva libri che trattavano di questo tema di cui oggi tratterò ossia del triste caso delle "Comfort Women" Qui da Angela per leggere il suo post del 16 novembre, qui sotto la mia poesia dalla quale cmq si evince molto bene di cosa si trattava. È una poesia nata più tardi perché non conoscevo questi fatti ed ho voluto dopo la lettura del post di Angela, documentarmi di più e capire di più immergendomi nella vita di molte di loro. Vi lascio alla poesia.
IL MURO DELLA VERGOGNA
Mi chiamo Atzuko
Al tempo dei fatti
E della storia che vi racconterò
Era passato appena da poco il giorno
Del mio quattordicesimo compleanno
Mi chiamo Atzuko
Ma probabilmente se vi dico
Che sono stata per anni
Fino alla conclusione del secondo conflitto mondiale
una "Comfort Woman"
Forse qulcuno di voi
Avrà già mosso il capo in segno d'intesa
Un cenno per confermare di aver capito.
Rapita nel 1942
Da un villaggio giapponese
Sono stata costretta a fare da schiava sessuale
Ai militari nipponici
Di fatto ero una proprietà del governo o dell'esercito forse
Nella realtà dei fatti ci chiamavano
"Donne di conforto"
Una definizione che ho sempre trovato
Di una terrificante e nauseante ironia.
Non ero sola dentro quell'inferno
Con me c'erano anche coreane, cinesi, taiwanesi
Un piccolo "esercito del piacere"
Il loro ovviamente.
Eravamo come oggetti
Loro giocattoli da usare per
Scaricare la tensione della guerra
Ed ora che tutto è finito
Sono decenni che lottiamo
Tutte quante di quelle di noi
Che sono sopravvissute
Affinchè sia raccontata e riconosciuta
Questa orribile realtà.
E quelle di noi che non sono morte
O di stenti o suicide
Per la vergogna e l'isolamento sociale
A cui tutte noi siamo soggette
Lottano ancora
E più lottiamo più ci scontriamo
Contro un muro di omertà
Nonchè disgusto misto ad odio nei nostri confronti
Perchè il dover riconoscere veramente
L'orrore e la vergogna di quanto commesso
Da questa nazione contro povere ragazze innocenti
Di vari Stati compreso quello giapponese
È difficile per un popolo orgoglioso
Terrorizzato dal concetto di "Disonore"
Ed al contempo anche un po' ipocrita come il nostro
E poi
Dover fare tutto questo
Non in modo blando e con lievi accenni
Con delle scuse appena abbozzate
Ma seriamente
Riconoscendo in primis in modo netto e nitido
Quest'onta che infanga tutto il Giappone,
Chiedendo inoltre scusa e
Risarcendo anche le ragazze ancora in vita
O fossero oramai morte
I familiari ancora vivi delle stesse,
Risulta ancora oggi
Quasi del tutto impossibile.
Eppure oramai questo fatto è Storia
Gli abusi che abbiamo subito sono realtà documentata
I suicidi di molte di noi per la vergogna ed il dolore
Sono anch'essi molti e dimostrati
Ma nonostante questo
La società giapponese
Per non fare i conti con un senso di colpa nazionale
E col disonore per l'accaduto
Vuol far finta di niente
E mette la polvere sotto il tappeto
Un tappeto grande
Dove tutte noi
Metaforicamente stipate lì sotto
Soffochiamo lentamente
Per un senso di sempre maggiore impotenza
E di sempre maggiore convinzione che
Questo muro della vergogna non si abbatterà mai
Sono Atzuko
Ho 92 anni
Non mi sto arrendendo
Ma l'età si sente
Qualche problema di salute ce l'ho
E non ho più le forze fisiche e mentali
Intese come determinazione feroce
Che avevo un tempo.
Sono Atzuko
Ed anch'io faccio i conti
Con il mio senso di disonore
E cioè quello di morire molto probabilmente
Senza aver avuto giustizia
E soprattutto
Senza aver potuto vedere riabilitati
Il mio nome e la mia reputazione
Nonchè il nome e la reputazione di tutte
Le altre ragazze.
E questo muro della vergogna
Infanga ancora oggi il mio popolo,
E non capiscono
Che continuare ostinatamente
A non volerlo abbattere
È fonte
Questo sì
Di un loro profondo disonore attuale
In quanto la loro omertà
Li rende complici.
Sono Atzuko
Vi lascio queste mie parole
Nella speranza che leggendole
Possiate conoscere la verità su questo orrore
Ancora oggi ricoperto di ovatta
Ancora oggi avvolto da un silenzio colpevole.
DANIELE VERZETTI ROCKPOETA®