In primis benritrovati. Spero che le feste le abbiate passate bene e le possiate concludere al meglio Detto ciò veniamo alla poesia di oggi per la quale devo ancora una volta un immenso e gigantesco grazie a Marcaval alias Marco Cavallini per avermi concesso la pubblicazione in questo mio post, della sua stupenda fotografia che mi ha ispirato questi versi:
SINE PECUNIA
E poi dicono
Che i pensieri
Almeno quelli più persistenti
Non restano nel cervello.
Questo che vedete
È il mio cranio
Mi chiamavo Valerio
E nonostante
Fossi un docente di latino
In un liceo classico di Parma
Il vortice della crisi ha risucchiato anche me.
Sine pecunia
Sine pecunia
Sine pecunia
Ricordo che lo ripetevo in latino
Perchè avevo la sensazione
Che pronunciandolo in quella lingua
Il suono ingentilisse un po'
Il drammatico senso e l'amaro suo contenuto.
Ma era solo un modo per illudermi
Quando i debiti vennero al pettine
Debiti normali come le bollette, il condominio, ecc...
Non ebbi più scampo
E mi suicidai.
Che ironia
Il mio cervello ha più valore
Adesso che sono morto
E sulle ossa della mia testa
Si è impressa incredibilmente la scritta latina
Da me tanto pronunciata da vivo,
Che quando il mio cuore batteva.
Homo sine pecunia est imago mortis
Io non ho mai voluto credere
A questo proverbio latino
Ma devo dire che io
Sono la prova concreta
Della sua triste verità.
Il mio cranio
Mi abbraccia
Ed idealmente
Sento un senso di serenità.
Sine pecunia
Mi ripeto sempre
Ora dove sono lo dico lo stesso
Lo urlo perfino
Con fierezza ed orgoglio
Perchè dove sono ora
Tutti siamo sine pecunia
Ma non siamo affatto il ritratto della Morte
Qui dove sono ora
Homo sine pecunia est imago libertas.
DANIELE VERZETTI ROCKPOETA®
Foto Di Marco Cavallini
Senza denaro e senza salute. E la seconda sempre più alla sola portata di chi presenta il primo in bella evidenza. Polizze sanitarie alle stelle. E dopo i 75 anni - ma guarda un po'! - nessuno ti assicura più, a meno che tu non possa permetterti premi al livello del Cristiano Ronaldo d'Arabia..
RispondiEliminadisperazione, senso di impotenza, la paura di non riuscire a trovare una soluzione ai problemi, e questo stato che invece di aiutare chi è in difficoltà lo affossa e strozza sempre più: Valerio rappresenta tante persone che si sono sentite e si sentono messe all'angolo...
RispondiEliminaBuona giornata Daniele
X DANIELE
RispondiEliminaDurante la crisi economica del 1929 si verificò un grosso balzo si suicidi che coinvolse anche persone di prestigio. La disperazione è la causa di questo fenomeno sociale. Quando il rumore dei pensieri diventa insopportabile il suicidio sembra l'unica terapia che risolve il problema. Le crisi passano, e tutto torna alla normalità, ma è sbagliato colpevolizzare chi si è ammazzato, perché le reazioni a un fatto negativo sono soggettive e nessuno di noi conosce con certezza il dolore che provavano quelli che si sono ammazzati.
PER FRANCO quadro desolante ma vero purtroppo.
RispondiEliminaPER ANGELA vero, sono sempre di più le persone indigenti che fino a "ieri " vivevano dignitosamente.
RispondiEliminaPER GUS: la normalità torna, ma nel mentre l'assurdo fa selezione per ridurre esistenze innocenti
RispondiEliminaTriste storia che purtroppo rimarca la situazione ingenerosa che stiamo vivendo.
RispondiEliminaTroppe spese. Uscite senza controllo.
PER VALERIA lo ricordo benissimo, scrissi una poesia su quel fatto vero.vivere dignitosamente sembra essere più difficile ogni giorno che passa
RispondiEliminaPER LA DAMA DAMA BIANCA la penso come te.
RispondiEliminaVersi eccelsi e di grande profondità i tuoi, come sempre, Daniele. Una poesia che fa riflettere, un mondo triste e ingiusto che non permette a tutti di godere la vita, anche se non è proprio il mondo a impedirlo, sono piuttosto gli uomini a danneggiare i loro simili.
RispondiEliminaPER CATERINA ti ringrazio sono commosso
RispondiEliminaE invece la speranza non va mai persa, anche "sine pecunia". La bellissima graphic novel di Will Eisner "La forza della vita", ambientata negli Stati Uniti ai tempi della grande depressione seguita alla crisi del 1929, racconta proprio di gente ridotta in miseria che tuttavia riesce a continuare a vivere nel senso pieno del termine, anche se non può più permettersi tante cose. E - meno noto ma ugualmente bello - "L'albergo del sottopassaggio" di Yoshihiro Tatsumi che racconta la vita quotidiana di alcuni senzatetto in un sottopassaggio della metropolitana di Tokyo, in particolare del loro "leader" che gli insegna come apprezzare le piccole cose quotidiane anche avendo ormai perso tutto.
RispondiEliminaPER ARIANO Difficile vivere quando proprio non hai da mangiare. Ti senti un perdente.
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