Irriverenti avvoltoi
Divoreranno polpettone avariato
Frutto della tua carne decomposta
E della tua mente impigrita.
Resilienza nociva
Incubo latente
Morbido sapore di fine corsa al gusto di lampone.
È una distopia patetica
È un'entropia stridente
E tu ricicli ogni respiro
Per quando l'aria finirà
E cerimonie da fine millennio
Rifanno capolino alla tua porta.
Oscuri presagi
Predizioni apocalittiche
Non rendono giustizia a questo mondo disastrato
Povertà
Regime standard di vita
Ci si vende per mangiare
Delatori per fame
In questo terzo millennio dal sapore d'amianto e cibo per cani.
Ed un pendolo vuoto
Scandisce muto la tua fine.
DANIELE VERZETTI ROCKPOETA®
garbato amico virtuale, questa è un'opera spessissima. un macigno che ribolle sulla coscienza di chi legge. e risuona vero e genuino anche perché, a tratti, moriamo un po' tutti. per poco, però.
RispondiEliminaPER DIGITO: non potevi usare parole più intense e belle pere commentare la mia poesia, Grazie Digito!
RispondiEliminaLe tue poesie sono spesso sassi e spine... al momento fanno male ma servono a mantenere viva la coscienza che sempre più pare addormentarsi. Un compito veramente rock il tuo. Grazie.
RispondiEliminaCiao.
PER SARI: oltre che rock è molto duro ma non posso esimermi dal farlo. Ti ringrazio, hai sempre parole importanti per i miei versi, parole che mi sanno emozionare.
RispondiElimina"Oscuri presagi
RispondiEliminaPredizioni apocalittiche
Non rendono giustizia a questo mondo disastrato": direi che effettivamente la condizione in cui versiamo e la fine verso cui andiamo sono oltre qualsiasi nefasta immaginazione. Purtroppo!
Come ti dico sempre, confidiamo in un risveglio generale ed universale delle coscienze.
PEPR IRENE: speriamo di non morire attendendo inutilmente questo risveglio, tempo non ne abbiamo molto.
RispondiEliminaA me ha colpito soprattutto la prima strofa, cruda metafora della nostra società che ci divora, dopo averci spolpato.
RispondiEliminaE mi ha colpito molto il finale. Vero, nell'attuale società il potere ci affama e poi sfrutta le guerre tra poveri.
PER RICCARDO; ti ringrazio per la tua attenta e sentita lettura dei miei versi.
RispondiEliminaDal titolo che richiama un celebre epitaffio di Kenshiro, ti dico che questi versi mi sono piaciuti molto perché metaforicamente abbracciano il concetto di cibo (vita) ma con la morte.
RispondiEliminaMoz-
PER MOZ: molto colpito dal richiamo che ci hai trovato. Grazie, sono entusiasta del tuo commento.
RispondiEliminaIo non voglio morire. Dentro s'intende.
RispondiEliminaMa spesso mi sento in fin di vita. E che paura fa.
Ma tu, probabilmente, lo sai bene. 🖤
PER CLAUDIA: rendersi conto che sta accadendo e non volerlo è il primo sintomo di rinascita ed il primo passo per impedire che ciò accada.
RispondiEliminaE' una poesia molto spessa e molto densa di cose. Fa riflettere non poco, come spesso capita con i tuoi testi. Grazie.
RispondiEliminaL'umanità ha venduto la propria dignità e vita, a speculatori senza scrupoli. Purtroppo siamo già morti dentro, visto che pochi lottano per cambiare questo sistema.
RispondiEliminaSaluti a presto.
PER LA DAMA BIANCA: grazie a te per queste tue preziose parole.
RispondiEliminaPER CAVALIERE: temo che la tua disamina sia vera purtroppo.
RispondiEliminaOggi siamo abbastanza vicini come tematiche dei nostri rispettivi post.
RispondiEliminaSecondo me i termini resilienza, distopia ed entropia qui sono usati in maniera "strana". Non mi tornano tanto nel significato generale.
PER MARCO sono usati per sottolineare la loro falsità nel caso della resilienza. Nel caso degli altri due termini accosto sempre aggettivi particolari a termini come questi. Sono emozioni e sensazioni. Peraltro conoscendo benw il senso dei due termini e di quello che volevo esprimere si che questo accostamento ardito e poetico ha senso.
RispondiEliminaInfatti, volevo che mi spiegassi questo accostamento.
RispondiEliminaEd infatti l'ho fatto. E una poesia apocalittica che vuole avere un linguaggio surreale e complesso. Ci sono altri versi di questo tenore infarti e tutti non possono essere staccati dal contesto della poesia. Vedi "distopia patetica" nasce dal fatto che l'uomo che immagina un futuro negativo è patetico perché immagina un'ovvietà alla quale peraltro pigramente non cerca di porre un freno. E quindi in poesia se l'uomo che parla di distopia è patetico la stessa distonia soggettivizzandola diventa tale. Spiegazione quasi analoga per "entropia stridente" Anche qui ho soggetivizzato un concetto partendo dal presupposto che parlare di entropia in un mondo dove il caos ed il disordine esistenti sono preordinati ed organizzati da pochi che hanno ben chiaro che "ordine" vogliono, stride e quindi...
RispondiEliminaOK, grazie, sei stato chiarissimo! 😛
RispondiEliminaPER MARCO: prego :-)))
RispondiEliminaMi chiedo spesso se ormai si venda la propria vita per l'ultimo modello di smartphone, per fare la spesa, per soddisfare i bisogni più elementari, quelli primari, per pochezza, perché non abbiamo voglia di combattere, perché è più facile lamentarsi e continuare ad andare avanti così...o se tutto questo sia stato creato ad hoc, ti creo il problema del lavoro perché senza quello sarai troppo impegnato a cercare di "portare il pane a casa" e sarai abbastanza stanco da non pote, né avere voglia e/o tempo, per cercare di cambiare le cose. In realtà penso che sia il classico cane che di morde la coda, una cosa alimenta l'altra probabilmente. E lo scenario diventa ogni giorno meno entusiasmante. Eppure c'è un'altra fetta di umanità che lavora quotidianamente nel bene per il bene, spero prevalga questo.
RispondiEliminaSembra proprio che stai descrivendo l'attuale situazione dell'Italia come paese e degli italiani nella loro vita quotidiana.
RispondiEliminaUn abbraccio!
PER GABRIELLA: in parte è creato ad hoc ma resta la responsabilità di chi questa realtà la subisce invece di unirsi agli altri inuma vera protesta di cambiamento. Mi unisco al tuo augurio conclusivo con forte speranza.
RispondiEliminaPER NICK: quando il futuro è già qui come si suol dire...
RispondiEliminaQuesta dolente e quasi disperata poesia è un sasso spigoloso scaraventato dentro lo stomaco.
RispondiEliminaBatte da ogni parte e da ogni parte rimbalza, provocando acuto dolore e sangue ne sprizza un po' dappertutto. Ma colui al quale fa più dolore, sei tu che lo scrivi, mentre lo scrivi.
Io e gli altri sensibili non possiamo che adagiarci sotto e accanto al tuo dolore, al tuo masochismo nel procurartelo, all'assoluzione che ti dai, senza darlo a vedere, perché qualcuno deve essere crudele e rivelare che il pericolo non è facile da evitare, ma pervicace nel ferire a morte chi appena lo sente entrare nelle sue carni come un cancro che si espande con la sue metastasi.
PER VINCENZO: come sempre tu sai sentire i miei versi oltre le singole parole e sai cogliere il senso più profondo della poesia che commenti. Sono parole intense e toccanti le tue che mi arrivano dentro come un fiume in piena e mi emozionano fortemente. Grazie di esistere amico mio.
RispondiEliminaLa tua poesia stasera è stata come uno stridio di unghie sui vetri. Sarà il periodo complicato o la stanchezza, non so...
RispondiEliminaPER MARIELLA: è anche la poesia che dà questa sensazione
RispondiEliminaStiamo morendo ma, forse, l'unica consolazione è che chi balla sulle rovine...e sono molti, troppi; tra un po' abbasserà la cresta, parcheggerà il ferrari, rientrerà con la barca in darsena, disinvestirà i milioni dalle Cayman.
RispondiEliminaI disperati muoiono già oggi, caro Daniele, i filistei a breve...magra consolazione..ma questo ci resta..
PER FRANCO: uguaglianza nella fine tu dici… I poveracci prima i ricconi poi ma anche loro assaporeranno la fine. Non so, però è vero sarebbe cmq una magra consolazione.
RispondiEliminaUna poesya tutt'altro che positiva per concludere una pessima giornata in mezzo agli italioti.
RispondiEliminaPER MARCAVAL: beh le poesie positive non sono il mio forte lo sai :-)))
RispondiElimina