La notizia è "curiosa"
Cristoforo Piancone, 57 anni, semilibero dopo 25 anni di carcere, ex brigatista mai pentito nè dissociato, condannato all'ergastolo per concorso in sei omicidi e due tentati omicidi e aveva ottenuto la semilibertà il 5 aprile 2004.
Considerato membro della direzione strategica dell'organizzazione armata, Piancone aveva ottenuto l'opportunità di uscire dal carcere di giorno data la sua irreprensibile condotta carceraria...
Morale della favola ieri ha rapinato una banca e quando le forze dell'ordine lo stavano inseguendo sparando un colpo in aria, lui per tutta risposta ha puntato la sua arma contro di loro (certi "vizietti" non si scordano mai...) per uccidere ma per fortuna la pistola si è inceppata ed alla fine i cattivoni sono stati presi.
Lascio cadere ogni commento sull'utilità per alcuni almeno, di far loro usufruire di sistemi di semilibertà e sul come si determinano i meriti per poterne godere, e mi limito "candidamente" a fare una semplice osservazione: ma le Br non erano un... "gruppo politico", anzi "rivoluzionario" o così almeno si definivano?
Ed allora, come mai una vile rapina senza motivazioni "socio-politiche"? In una società come la nostra poi, dove tutti detestiamo la Casta e dove aspettiamo un Profeta che arrivi indicandoci la strada verso la "salvezza"... Eh sì, oggigiorno gli ideali sono proprio morti e "guadagnarsi" la pagnotta (insomma, pagnotta mica tanto, il bottino ottenuto era di 170.000 euro) è prioritario proprio per tutti....
Perdonate questo sarcasmo, aggiungo solo che a volte i proverbi sono davvero fonte di saggezza popolare: è proprio il caso di notare infatti che il lupo perde il pelo.....
Il Link:
http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/cronaca/siena-rapina-ex-br/siena-rapina-ex-br/siena-rapina-ex-br.html
Condivido il tuo post ma non il sottotitolo. Di curioso questa notizia non purtroppo niente anzi la scarcerazione anche per reati gravissimi sta diventando la regola. Purtroppo non è la prima volta che leggiamo fatti di questo tipo e non sarà l'ultimo. Cionondimeno non lo accetto e non mi rassegno, cionondimeno l'indignazione è tanta. Non si può liberare chi ha stroncato 6 vite. Non c'è buona condotta che tenga. A maggior ragione se i reati non sono frutti di un raptus imprevisto ma di una attività criminale organizzata (e premeditata). Vergogna a questo delinquente ma soprattutto vergogna a chi l'ha fatto uscire e a chi fa leggi tanto assurde.
RispondiEliminaA presto, rockpoeta.
Postilla: Scusa per gli errori ma il pc è vecchio e difficilmente riesco a scrivere un post o un commento in maniera fluida. si inceppa e alcune parole vengono saltate anche se le ho digitate. D'altronde digito velocissimamente, sfido qualunque tecnologia a starmi dietro!
RispondiEliminaE poi esiste un Carlo PArlanti in America in carcere SENZA POSSIBILITA' D'USCITA per 9 ANNI!
RispondiEliminaMi sta cominciando a schifare questo mondo lo sai!
le br hanno insegnato che rubare per la causa era lecito (del resto fu una pratica di cui stalin fu maestro incostrastato all'epoca della rivoluzione d'ottobre)... passata la causa il buon piancone (che non s'è mai nè pentito nè dissociato) ha ripreso l'antica arte, che aveva messa da parte per ovvi motivi
RispondiEliminaPer Arabafenice: Il termine "curiosa" era infatti volutamente tra virgolette e voleva essere sarcastico.
RispondiEliminaL'amarezza invece quella è reale ed è davvero tanta.
Errori di battitura scusati :-))) chi non li fa?
Per Chit: sento la tua amarezza come un macigno, se hai notizie nuove comunicale per esteso io le posterò e ovviamente la mia disponibilità e quella del mio blog per il Caso Parlanti le hai da tempo.
Daniele
Caro Daniele, questo tuo post in un qualche modo è collegato al mio...
RispondiEliminaVedi, una persona colpevole di diversi omicidi, MAI pentita (e qui sta il motivo per cui non doveva essere scarcerato nè ora nè mai) per ciò che ha fatto, è stata liberata e messa nelle condizioni di ripetere gli atti criminali che l'avevano portata in carcere.
Alberto Stasi, da presunto innocente, si è fatto 3 giorni di carcere sulla base di niente.
Che (in)giustizia è questa?
Saluti.
Luca.
Vedi... la questione della sicurezza, a mio modesto parere, è questa (cioè tenere in galera i malviventi e gli assassini) e non certo eliminare i lavavetri dai semafori di Firenze.
RispondiEliminaPurtroppo la quasi certezza dell'impunità genere ulteriori crimini.
Un saluto.
Il problema, secondo me, non sta tanto nell'istituto della semilibertà, perchè il carcere dovrebbe avere "anche" una funzione rieducativa per poter restituire alla società, alla fine della pena, una persona migliore.
RispondiEliminaIl problema sta nelle persone che devono giudicare se un carcerato possa o meno usufruire di certe agevolazioni.
E' qui che il meccanismo s'inceppa.
In questo caso, nei confronti di un "non pentito", non riesco proprio a capire le ragioni della scelta.
la notizia si commenta da se, quando l'ho letta non ho potuto che scuotere la testa e schifarmi...e non apro il capitolo indulto altrimenti mi arrabbio sul serio!
RispondiEliminaI trattamenti di favore andrebbero dati a chi se li merita... a chi riconosce l'errore, a chi si domostra pentito.
RispondiEliminaSe Piancone si è detto pentito, di sicuro lo ha fatto solo per tornaconto. Meno male si è inceppata la pistola va! spero buttino via la chiave stavolta!
Io queste cose non le sopporto, ma non dico altro perché si rischia di essere retorici.
RispondiEliminaAnzi, una cosa la dico. Odio ancora di più gli ex brigatisti che vanno in giro per salotti televisivi a fare gli intellettuali.
Quello che mi fa ridere è che (TG come fonte) ha detto "mi servivano i soldi" . . . Ho detto a mio marito: "andiamo anche noi a fare una rapina, male che vada ci pentiamo" . . . ;-) Ma lui non è d'accordo!!!
RispondiEliminaCiao Rock poeta, R. "fiordicactus"
Non c'entra la politica, gli ideali, la lotta armata. Questi sono criminali. Punto.
RispondiEliminaUn saluto al padrone di casa, Daniele, ed agli ospiti di questo blog, che visito per la prima volta.
RispondiEliminaTutti commenti che ho fin qui letto mi sembrano concordi nell'affermare un principio: non è possibile consentire ad un criminale di continuare ad arrecare danno a cittadini onesti.
Sono assolutamente d'accordo con questo assunto da cui, ritengo, non si possa in alcun modo prescindere.
Tuttavia penso che abbia ragione Franca quando afferma che il carcere deve avere una funzione rieducativa, come del resto prevede oggi il nostro ordinamento legislativo, ma è pur vero che bisogna dotarsi di strumenti giuridici e tecnico-scientifici adeguati a far sì che non si verifichino più episodi di questo genere.
Concedere benefici a detenuti per reati gravi, di matrice terroristica o anche semplicemente connessi alla criminalità comune, può anche andare bene, fare di questi provvedimenti, che dovrebbero avere carattere di eccezionalità, una regola, no!
In effetti la Legge Gozzini non si è dimostrata efficace a raggiungere gli scopi previsti dal legislatore.
In pratica è sufficiente che un detenuto dimostri di comportarsi bene nell'ambiente carcerario e la relazione favorevole di un consulente tecnico affinché il giudice di sorveglianza possa concedere i benefici contemplati dalla legge.
Qui, ritengo, il punto debole dell'impianto normativo: non è possibile attribuire poteri di una tale rilevanza ad un solo magistrato, dovrebbe essere istituito un apposito collegio giudicante; non ci si può fidare del parere di un singolo consulente tecnico per stabilire se il detenuto oggetto dell'accertamento è davvero in grado di riprendere il suo posto nella società civile, senza il pericolo di ricadere nel medesimo errore che l'ha condotto in carcere, occorrerebbe pertanto il parere di un collegio peritale formato da almeno tre tecnici di acclarata competenza.
Terzo punto, il beneficio della semi-libertà dovrebbe essere raggiunto gradualmente, attraverso un percorso documentato da relazioni periodiche da parte del collegio peritale incaricato di seguire il processo di redenzione del detenuto.
In ultimo: i magistrati, a qualsiasi livello, non dovrebbero discutere in nessun caso di politica; non approvo assolutamente l'esistenza di "correnti" o "scuole di pensiero" all'interno della magistratura, che deve essere del tutto salvaguardata da ogni ingerenza di ordine politico, ma che proprio per questa prerogativa deve limitarsi a far applicare la legge in modo uniforme, adoperandosi affinché un cittadino sottoposto a processo a Bolzano non venga trattato differentemente da un altro che viene giudicato per il medesimo reato all'estremo sud del nostro paese.
Un caloroso benvenuto Gianni! Spero che tornerai ancora!
RispondiEliminaVenendo al tuo commento, concordo con te che il carcere dovrebbe servire a rieducare ma qui apriremmo un discorso molto lungo a partire dallo stato di degrado in cui versa la maggior parte degli istituti di detenzione in Italia, senza contare poi il problema correlato del sovraffollamento delle carceri.
Concordo che il solo magistrato di sorveglianza sia insufficiente ma ritengo soprattutto che ci vorrebbero criteri diversi da quelli della sola buona condotta in carcere per stabilire questi benefici.
A presto
Daniele
Caro Daniele, ti ringrazio per avermi accolto con tanto calore nel tuo blog; sono perfettamente d'accordo con quanto sostieni circa l'insufficienza della sola "buona condotta in carcere" quale unico elemento da considerare per la concessione dei benefici di legge ai detenuti che ne fanno richiesta.
RispondiEliminaRileggendo il mio precedente commento mi accorgo, però, di aver specificato che oltre alla buona condotta serve anche il parere di un tecnico ed il giudizio ultimo del magistrato di sorveglianza, quanto meno allo stato attuale della normativa che regolamenta la materia.
E credo di aver ben evidenziato con quanta leggerezza ed incompetenza sia stata applicata finora la legge Gozzini.
In particolare si osserva,nella quasi totalità dei casi, che il tecnico chiamato a pronunciarsi sullo stato di salute "mentale e morale" del detenuto analizzato è quasi sempre uno psicologo, categoria a cui riservo il massimo rispetto, ma che per svolgere questo delicato compito di analisi dovrebbe possedere cognizioni avanzate di criminologia.
Ecco perché auspico l'istituzione di un collegio giudicante e l'obbligatorietà del parere di un pool di esperti per la concessione dei benefici di legge sopra menzionati.
A quanto sopra aggiungo anche un altro aspetto importante da considerare: il senso di frustrazione che sicuramente provano i parenti delle vittime che hanno sofferto la perdita dei loro cari, ed hanno lottato nelle aule di giustizia impiegando anche risorse finanziarie per vedere affermato il loro diritto, riconosciuto dalla legge, di veder assicurato in carcere il responsabile della loro sofferenza.
In considerazione di questo ulteriore elemento, penso, che per la concessione della semilibertà o di benefici equipollenti, occorra prima il perdono dei familiari delle vittime.
Viceversa, in mancanza di uno scotto completo della pena irrogata al condannato, la costituzione di Parte Civile si ridurrebbe ad un mero atto finalizzato al risarcimento materiale del danno.
Concordo appieno con la tua critica sulla condizione degli istituti di pena italiani.
Non credo che per dimostrare il nostro grado di civiltà sia sufficiente solo l'adesione alla moratoria sulla pena di morte, ma occorre anche assicurare condizioni di vita dignitose anche per coloro che hanno sbagliato e scontano la giusta pena; viceversa, qualora questo particolare venisse ritenuto insignificante, si dovrebbe parlare non di giustizia ma di vera e propria "vendetta", sentimento che è comprensibile provare ma non certamente lecito "istituzionalizzare".
Con sincera Stima... Gianni.
Ciao Gianni e bentornato!
RispondiEliminaConcordo come già avevo detto in precedenza su un collegio composito che sappia davvero valutare il soggetto prima di concedergli i benefici di cui alla legge Gozzini.
Il problema qui in Italia poi è saper metter le persone giuste e capaci nei luoghi e nei posti critici dove è necessaria competenza davvero elevata.
Quanto alla necessità del perdono da parte dei familiari della vittima per ottenere uno dei benefici di cui stiamo parlando, vedo solo un neo: il perdono è un sentimento, e come tale soggettivo.
Insomma, andrebbe molto a fortuna: stesso reato due gruppi familiari diversi, uno perdona l'altro no.
Se in quel caso il collegio giudicante da te auspicato ( e da me condiviso) avesse per il resto invece giudicato entrambi i soggetti meritevoli di godere di uno dei suddetti benefici, avremmo una situazione di "ingiustizia" non trovi?
Credo che si potrebbe per es. stabilire un tempo minimo importante e variabile da pena a pena in base ovviamente a quanto la legge determina per il reato ascritto al soggetto poi condannato in forma definitiva, dopo il quale si deve avere anche il parere dei familiari. Ed un tempo ancora più elevato per poter godere di uno qualunque dei benefici in questione a prescindere dal benestare dei familiari della o delle vittime.
Mi domando, però, mentre sto scrivendo, se questo non possa ingenerare odio da parte del carcerato verso i familiari della vittima.
Argomento complesso ed al contempo interessante.
Con stima sincera e ricambiata
Daniele
Grazie Daniele, per l'attenzione che hai riservato ai miei commenti e per la Stima ricambiata.
RispondiEliminaIn effetti la necessità del perdono da parte dei familiari di eventuali vittime è da considerare un elemento soggettivo che andrebbe ad ingenerare differenze di trattamento in casi distinti afferenti la pena irrogata per un medesimo reato, e condivido, quindi, la tua opinione circa la disparità di trattamento che ne deriverebbe.
E' comunque doveroso osservare che nell'attuale situazione, con riferimento alle scarcerazioni facili e l'applicazione indiscriminata dei benefici di legge ai detenuti per reati gravi, di fatto vengono annichilite le aspettative della Parte Civile e vanificati gli effetti dell'eventuale sentenza passata in giudicato; pertanto l'ingiustizia è, al momento, già perpetrata in danno della Parte Civile già menzionata.
Mi sembra valida la proposta di differenziare i tempi per l'applicazione dei benefici in mancanza del perdono dei familiari, anche perché un sentimento
d'odio da parte del detenuto che non ottiene il perdono richiesto costituirebbe, a mio avviso, un elemento che dimostrebbe il fallimento del suo percorso rieducativo.
Tornerò presto a leggerti per la validità dei temi che proponi e per l'equilibrio che dimostri nell'esporre e commentare gli argomenti in discussione.
A presto....Gianni
Parto dal fondo e ti ringrazio delle tue parole!
RispondiEliminaConcordo con te che così come stanno le cose adesso, la Parte Civile subisce spesso grave nocumento concreto e morale.
Una ragione in più per modificare una legge che ha mostrato molte falle.
A presto
Daniele