Stimolato da un commento di Lula sul mio post relativo a Lohachara ho preso lo spunto per dire la mia su quello che penso da tempo sulla globalizzazione.
C'é una mia poesia (inedita al momento ma che ho già letto spesso dal vivo) che affronta questo tema sotto un'ottica un po' diversa.
In sostanza, in quella poesia, io mi pongo il problema se la questione sia posta in termini corretti.
Si parla tanto di "globalizzazione sì" e "globalizzazione no" e poi in realtà ciascuno, a mio parere, vuole solo imporre all'altro il proprio modo di vivere.
Secondo me poi la questione "globalizzazione sì o no" é posta, come già vi ho accennato sopra, in modo non esatto.
Come dice Beppe Grillo, bisogna stare attenti a come vengono usate le parole ed a come alcuni cercano di utilizzare un termine dal significato preciso per in realtà indicarne un altro dal significato molto diverso se non perfino diametralmente opposto...
Globalizzazione per me significa possibilità di conoscere culture diverse dalla mia e realizzare grazie alla tecnologia (da internet che con un click ti porta virtualmente ovunque nel mondo all'aereo che in poche ore ti porta fisicamente ovunque nel mondo) un interscambio tra le stesse.
E si realizza quindi a mio avviso con la possibilità, mantenendo ciascuno la propria identità culturale, di arricchirla con elementi che possiamo apprezzare di culture diverse dalla nostra.
Interscambio che può anche essere commerciale ma sempre nel rispetto reciproco e senza il tentativo di invadere l'altro imponendogli economie e stili di vita differenti dai propri.
Oggi quello che i Governi e le multinazionali cercano di ottenere é invece un'unificazione di massa (ossia tutti ovunque nel mondo,un solo "cervello", quello dei Mac Donalds e degli Hamburger, almeno secondo il "nostro"modello) cercando quindi di farci trovare per ogni problema la loro soluzione, semplice, facile, senza doversi sforzare per ragionarci sopra....
Ecco detto questo, io posso dire che sono per una reale globalizzazione nel senso da me qui espresso, sono contrario invece all'unificazione di massa che é in atto.
La massificazione va combattuta ma non con la violenza bensì intestardendosi fino in fondo a voler pensare con la propria testa, rigettando soluzioni facili e rifiutando quindi ogni tipo di “cibo pseudo - intellettuale precotto o predigerito”.
Il tuo post mi ha fatto venire in mente i no global.
RispondiEliminaIo non sopporto i no global. Ho visto quello che fecero a Genova al G8. Credo che siano manovrati politicamente da gruppi anarchici e mi spiace che idee giuste soprattutto dal punto di vista ecoambientale siano confuse con la loro guerriglia urbana.
Mi è piaciuta la tua distinzione su globalizzazione etc. Hai colto nel segno e ti ringrazio perchè tra i link c'è greenpeeace!!
Cara Micol,
RispondiEliminacome forse hai visto dal mio profilo, io sono di Genova. Quei giorni io rimasi nella mia città, e grazie ad un amico quella mattina fui in grado di fare una "perlustrazione" dentro le aree della famigerata zona rossa. Le forze dell'ordine erano già tutte in posizione ... Poi, non so se sei pratica di Genova, mi ritrovai in Via Assarotti. Lì c'era un gruppo di ragazzi e ragazze con i palloncini, molto pacifici, che "pretendevano di invadere" la zona rossa con canti e palloncini lanciati al di là della rete. La mia città era un enorme carcere, e non so ancora adesso se i prigionieri erano quelli fuori dal muro o quelli dentro.
Condivido la tua posizione sulla violenza dei no gloibal e sul fatto che siano stati manovrati politicamente soprattutto in relazione ai famigerati black block. "Fenomeno di costume" (permettitmi questo sarcasmo) che si è visto soltanto da noi qui a Genova ed in un paio di altre occasioni all'estero.
Curioso Micol, sono comparsi dal nulla e nel nulla sono ritornati, non prima però,insieme "all'aiuto" delle forze dell'ordine e degli altri vandali vari, di avere lasciato più di qualche "regalino" a ricordo del loro passaggio.
Non ho mai provato così tanto odio verso tutti come allora. Hanno deturpato, picchiato, umiliato e saccheggiato LA MIA CITTA' . E' come aver dato in affitto casa propria per un week end ed al ritorno trovarsela devastata.
Solo che io questo contratto d'affitto non l'ho mai sottoscritto. Altri lo hanno fatto per me, senza chiedere nè a me nè a tutti i genovesi, un parere.
Nonostante quanto accaduto rimango fermamente convinto di quanto ho scritto nel mio post, ma sono altresì convinto che non sia la violenza la strada da percorrere per fare trionfare la vera globalizzazione a discapito di questa unificazione cerebrale di massa in atto.
Sono di Genova anch'io, ma quei giorni mi sono limitata alle tv locali. eravamo barricati in casa. Che angoscia!
RispondiEliminabeh auguriamoci tutti buon anno! viva il 1° gennaio 2007
RispondiEliminaA proposito di globalizzazione mi viene in mente la musica etnica che è un genere che sta unendopopoli molto diversi. Peter Gabriel la faceva già alla fine dei 70 ed oggi si balla in discoteca. Anche la globalizzazione può essere positiva come scrive il blogger
RispondiEliminaForse, complice il poco spazio, hai raccontato solo il nostro punto di vista, di occidentali e ricchi, del problema. Concordo su tutto quel che hai scritto, ma devo aggiungere è che il problema vero della globalizzazione, quello contro il quale si lotta, è che ci sono enormi quantità di persone che dalla globalizzazione non vengono solo massificate, come accade a noi -non che sia poco, è gravissimo- ma schiavizzate. Le industrie si spostano nelle nazioni dove mancano leggi e sindacati per proteggere i lavoratori, dove si può pagare pochissimo e schiavizzare, produrre merce scadente con materiali di terzultima qualità, prendendo per i fondelli in fondo anche il mondo occidentale che quella merce la consumerà.
RispondiEliminaCerto, essere global o no global, a favore o contro la globalizzazione è assurdo, perchè è un fenomeno in atto e inarrestabile, si può però scegliere se essere consapevoli o distratti.
Si può scegliere di essere sempre e comunque dalla parte di chi crea le barricate e vara leggi che permettono al potere economico di schiacciarci, oppure si può in qualche modo cercare di usare quel briciolo di democrazia che ci resta per protestare. Io sono contro i black block ma anche e soprattutto contro quei poteri che non vogliono consultare i cittadini o ascoltarli, e che della presenza di quei guastatori gongolano (e quando i pacifici son troppo pacifici, sanno depositare armi per accusarli, come accadde nella scuola Diaz, cosa ormai ampiamente dimostrata).
Insomma, la scelta oggi più che mai è se sapere, capire, pretendere democrazia oppure dormicchiare e bersi tutto quel che dicono i tg. Non si può essere noglobal, perché non si può fermare la globalizzazione. Come nel settecento non si poté fermare la industrializzazione ma si potè lottare per condizioni migliori dei lavoratori. Si può agire sul mondo, si può, anche e soprattutto con il buonsenso e senza violenza, far pressione verso una globalizzazione umana, e combattere quella che fa dell'essere umano una merce, o al meglio un consumatore (anziché un cittadino). E così quella che per noi è un'occasione di scambio e di conoscenza, un'apertura (il cui prezzo, come osservi, è una spesso pesantissima spersonalizzazione), per intere masse di persone è un giogo schiacciante.
Se per noi "globalizzati attivi" ci sono i voli low-cost, il turismo, per loro, quelli che la globalizzazione la subiscono e basta, c'è la necessità di migrare a rischio della vita (più che un rischio: la maggior parte di quelli che tentano di abbandonare l'Africa muoiono). Il mondo si suddivide, come dice Bauman, in globalizzanti e globalizzati, gente che naviga su internet e gente che da questa ricchezza di possibilità resta esclusa e allontanata in maniera disperata e irrecuperabile. Il cosiddetto fenomeno del "digital divide", la separazione netta tra popolazioni connesse e popolazioni intere che non hanno accesso alle conoscenze, agli scambi, alla cultura e alla scelta, si accresce e ci separa sempre più; e in un qualche modo che ancora ci sembra ridicolo ma che diventerà terribilmente pesante nei prossimi anni, queste masse di persone sono in qualche modo escluse a priori da una sorta di "nazionalità" in un mondo interconnesso, escluse da un pensiero sì massificante e schiacciante ma destinato ahinoi a trionfare e a produrre ricchezza. E così da una parte ci saremo noi, consumatori impazziti in preda ai capricci di chi vuole creare nuovi bisogni assurdi, e dall'altra gli esclusi, come sempre e sempre più. Sembrerò barricadero, logorroico, magari pesante, ma ci tenevo a scrivere queste cose... perché la globalizzazione ha tante facce e dobbiamo osservarla con attenzione. Complimenti per il blog.
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