mercoledì 27 dicembre 2006

OPINIONE DEL ROCKPOETA: Medicine virtuali!?!

Siamo sotto le feste come si suol dire, e chissà quanti di voi se hanno figli avranno regalato per natale dei videogames ai loro bambini (magari della playstation, e magari sempre accompagnati dalla nuova PS3...)

Mi rendo conto quindi che parlare di quanto sto per dirvi sia "coraggioso" LOL...

La notizia l'avevo già scovata qualche giorno fa, questo é il link:
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Scienze_e_Tecnologie/2006/12_Dicembre/19/game_cancro.shtml

Ebbene si, quelli di HopeLab, organizzazione no profit creata allo scopo di "migliorare la salute e la qualità della vita dei giovani affetti da patologie croniche"(fonte articolo sopra citato) sostengono che certi videogames studiati appositamente combattano il cancro.

"Re-Mission", questo il titolo del videogioco, aiuterebbe i giovani pazienti affetti dalle forme più forti e devastanti di tumori, a prendere coscienza (che non é curarsi e stare meglio però...) della propria malattia nonché, cito di nuovo l'articolo "dei modi più efficaci per combatterla".

Certo, il videogame nasce dalla cooperazione e sinergia di medici, oltre che come li definiscono loro di "game designers", ma le mie perplessità restano.

In sostanza in questo videogame c'é un nanorobot dal nome Roxxi che é dotato di una chemio-arma e di molti razzi che hanno al loro interno medicine. Quindi si spara all'impazzata contro le cellule tumorali e si guarisce.

Io non so cosa dire. Davvero questo serve per far reagire meglio alle medicine reali?

Io non riesco a immaginare un ragazzo che si attacca al computer e immagina di sparare dentro il suo organismo (perché se é malato lui si immedesimerà in quel corpo altrettanto ferito quanto il suo) convinto di sconfiggere la malattia.

Badate bene, io non sono uno di quelli che demonizza i videogames.

Non ho la playstation e quelle pochissime volte che ho giocato ho cercato di cavarmela al meglio delle mie possibilità, ma se avessi un figlio e la volesse gliela regalerei volentieri. E giocherei anche insieme a lui (magari prima facendo una full-immersion di 72 ore per diventare almeno un decente giocatore LOL...) cercando solo che non cresca avendo la playstation come unico suo divertimento.

Però, ritornando al tema dell'articolo, qualcosa non mi convince.

Eppure questo videogame non é l'unico. Per es. esistono anche Nanoswarm e Glucoboy per il diabete.

Beh, ho un mio amico che ha un accenno di diabete (nel senso che é diabete ma per fortuna deve solo stare attento alla dieta e prendere alcune pastiglie) peraltro ancor più scarso di me ai videogiochi.

Però se davvero fanno miracoli potrei suggerirgli di prenderli anzi, quasi quasi glieli regalo io come ulteriore pensiero di Natale.

No, mi sa che in realtà non lo farò.... scusate la mia era solo un'idea virtuale...

PS Se qualcuno del campo medico o cmq ben informato leggerà questo post é pregato di smentirmi se invece ritiene e sa per certo che questa soluzione risulti essere davvero efficace anche sotto il profilo strettamente medico e curativo. Sarei il primo ad augurarmelo.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

La notizia mi ricorda qualcosa che lessi un po' di tempo fa su una bambola malata di cui i bambini degenti in ospedali dovevano prendersi cura, per familiarizzare con la terapia. Mi viene tristezza al pensiero. Io credo che sarebbe piu giusto farli ridere! no?

Anonimo ha detto...

qual'era quel film con robin williams? Patch Adams ... il medico che faceva guarire con le risate, vero? abituarsi alla malattia va bene, ma non giocando. Il gioco deve restare svago e non occasione di ricordarsi la malattia.

Anonimo ha detto...

Sono d'accordo che il gioco debba restare tale.. Anche nel caso di una malattia, meglio la verità spiegata con amore, naturalmente in modo adatto all'età del bambino, che tante rassicurazioni confuse e melense. Il gioco, semmai, può fare da supporto alla spiegazione razionale, ma è inmportante che i bambini capiscano cosa sta sucedendo. Grazie comunque al rock-poeta e agli altri per questo blog eclettico e vario che segue sempre anche se non intervengo causa, appunto, bambini..

Anonimo ha detto...

In Italia non riusciamo nemmeno a tenere i fumatori (personale medico) lontani dai reparti pediatrici di cura intensiva (inchiesta dell'Espresso), direi che dovrebbe essere il ersonale medico a giocare a Tamagochi non fare ammalare di più il malato.